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Covid19 Puglia meno attrezzata ma lotta al virus più efficace che in Lombardia
L'analisi di Francesco Saponaro, manager ente di ricerca: "Dotazioni tecnologiche dimezzate, ma la Puglia ha affrontato il virus meglio della Lombardia".
di Francesco SAPONARO*
In un editoriale apparso sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia invita giustamente i lettori a riflettere su alcune diseguaglianze acuite dal primo mese di lockdown imposto dalla diffusione del Coronavirus.
Una di queste riguarda il mondo della scuola, dove è emersa la grave impossibilità per molti studenti, le cui famiglie vivono in condizioni di disagio economico o arretratezza culturale, di seguire in via telematica la didattica a distanza.
L’altra, ancor più pesante, riguarda le condizioni di quel vasto mondo di lavoratori precari, a partire dagli immigrati impiegati nei lavori agricoli, che vivono oggi condizioni di insopportabile miseria ed emarginazione. Essendo questi fenomeni molto, anche se non esclusivamente, concentrati nell’area meridionale del Paese non possiamo che essere grati agli intellettuali che appoggeranno l’adozione di tutte le misure indispensabili almeno a ridurre queste diseguaglianze: fornitura di computer e servizi Wi-Fi, contrasto allo sfruttamento e al lavoro sommerso, legalizzazione degli immigrati clandestini.

Ciò che invece risulta inspiegabile è il ragionamento che Della Loggia espone relativamente al sistema sanitario. Mentre tutta la stampa, a partire dal Corriere, evidenzia le varie disfunzioni ed errori del sistema sanitario lombardo, ciò che interessa al nostro editorialista è richiamare il timore, di qualche settimana fa , che l’epidemia si diffondesse al Sud, territorio meno dotato di servizi sanitari.
Non lo incuriosisce affatto, per amore di verità, dare conto delle capacità organizzative e sanitarie emerse nel Mezzogiorno, pur in presenza di minori dotazioni strutturali. Non lo colpisce che una Regione come la Puglia (ma non solo, si pensi al Cotugno di Napoli) abbia dimostrato con i fatti una notevole capacità sul terreno della prevenzione e della cura, accogliendo anche pazienti lombardi.
No. I fatti spariscono. Tutto ciò sarebbe veramente inspiegabile se non emergesse nuovamente il granitico pregiudizio che condiziona l’approccio del professore, cioè che l’origine di molti mali italiani sia contenuto nella Costituzione del 2001 la quale, a suo ripetuto avviso, avrebbe dato troppi poteri alle Regioni.
Nell’enfasi argomentativa Galli arriva a scrivere che sta qui la causa del divario Nord-Sud, poiché sarebbe stata limitata la funzione perequativa e compensativa dello Stato. Anche in questo caso emerge una chiara volontà di accantonare o ignorare alcune evidenze che contraddicono il radicato pregiudizio.

Innanzitutto l’attribuzione delle competenze alle Regioni in materia di sanità data al 1992, ben 9 anni prima del nuovo Titolo Quinto del 2001, che ha semplicemente confermato questi poteri. Lo stesso testo costituzionale affida invece proprio allo Stato la garanzia dei livelli uniformi di prestazioni insieme al compito di ridurre le diseguaglianze di dotazione delle aree più svantaggiate attraverso fondi perequativi (articoli 117 e119).
Gianfranco Viesti, utilizzando i dati ufficiali, ha dimostrato che per gli investimenti infrastrutturali e tecnologici in sanità lo Stato ha speso per le Regioni, Campania, Puglia, Molise, circa la metà della media nazionale e per Calabria 12 volte in meno di quanto si è speso nella Provincia autonoma di Bolzano. Queste diseguaglianze sono sicuramente più fastidiose, e non a caso vengono ignorate da chi vuole dimostrare una tesi del tutto legittima, quella della centralizzazione, che meriterebbe però un sostegno più documentato e scientifico. È vero, come scrisse un noto politologo americano negli anni Sessanta, che la politica è “la mobilitazione dei pregiudizi”, ma francamente dispiace che lo stesso avvenga a volte nel mondo della cultura.
* Manager ente di Ricerca