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Criminalità, Monte Sant'Angelo (Fg): le estorsioni 'all inclusive'
Dopo i reati per mafia, narcotraffico e armi, agli arresti pretendevano di essere 'mantenuti' in carcere Carabinieri della Stazione di Monte Sant’Angelo.
di Ines Macchiarola
In manette un 34enne e un 18enne di Monte Sant’Angelo (FG), entrambi accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa su ordinanza eseguita dai Carabinieri della locale compagnia di Manfredonia emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari su richiesta di quella Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo.
E' quanto è scaturito ad esito delle indagini coordinate dalla D.D.A. e Antiterrorismo di Bari avviate dai Carabinieri della Stazione di Monte Sant’Angelo in seguito alle dichiarazioni di un commerciante. A questo si sarebbero rivolti i due indagati costringendolo a diminuire il volume di vendite in quel centro in modo da ostacolare la concorrenza a vantaggio di esercenti compiacenti o, in alternativa, a partecipare direttamente dietro pagamento di un corrispettivo in denaro al sostentamento di sodali appartenenti al clan “li Bergolis - Miucci” finiti agli arresti nell’ambito dell’operazione antimafia *“Mari e Monti”.
Secondo la ricostruzione dei Carabinieri le pretese sarebbero state reiterate dai due indagati, con le stesse modalità, anche nei confronti di un altro commerciante del luogo, al quale era stato richiesto di contribuire alle spese legali e al mantenimento di esponenti mafiosi detenuti.
Dopo le ipotesi di reati per mafia, narcotraffico e armi, agli arresti, avrebbero preteso di essere 'mantenuti' in carcere e ripagati delle spese legali. Insomma, un servizio all inclusive, facendo leva sulla caratura criminale e la capacità di esercitare pressioni vessatorie su esercenti privati del posto.
Da quanto si apprende dalle prime informazioni utili, le attività compiute dai militari dell’Arma hanno dato seguito all’azione di contrasto del fenomeno mafioso promosso dalla Procura Distrettuale di Bari e dalla Procura Nazionale Antimafia nell’area garganica, che ha recentemente visto il coinvolgimento di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza nell’esecuzione di 39 misure cautelari e di sequestri patrimoniali per circa 10 milioni di euro nell’ambito dell’operazione antimafia “Mari e Monti”, che ha ricostruito assetti ed evoluzione criminale del clan “li Bergolis” negli ultimi 15 anni; esecuzione nel corso della quale i Carabinieri hanno altresì rinvenuto e sequestrato circa 450.000,00 euro in contanti, abilmente occultati all’interno di un’abitazione riconducibile a uno degli indagati, ritenuti provento di attività illecite.
La progressiva manovra tesa alla disarticolazione delle compagini mafiose ad opera della D.D.A. di Bari prosegue anche dopo la recente operazione "Mari e Monti”, con l’obiettivo di impedire che soggetti intranei o contigui alle organizzazioni, alla luce dei recenti sequestri patrimoniali, possano rendersi protagonisti di attività finalizzate a foraggiare o sostenere le associazioni criminali colpite.
*Op “Mare e Monti”, 15 ottobre 2024
Il clan Li Bergolis, attivo da decenni, è noto per la sua violenza, la capacità di infiltrazione nel tessuto economico e sociale e il controllo di vaste aree del territorio garganico. L'organizzazione criminale è stata in grado di adattarsi ai tempi, passando da una struttura tradizionale a una più moderna e articolata, coinvolgendo anche giovani, molti dei quali minorenni, e infiltrandosi anche nel tessuto imprenditoriale locale.
Originariamente radicato nell'entroterra, il clan Li Bergolis è riuscito a estendere il suo potere lungo le coste garganiche, conquistando il controllo di zone strategiche come Vieste. Questa espansione è avvenuta a seguito di una sanguinosa faida con i rivali storici del clan contrapposto Romito-Lombardi-Ricucci.
L’affermazione dei Li Bergolis ha permesso al clan di entrare nel business del narcotraffico internazionale, instaurando rapporti privilegiati con organizzazioni criminali albanesi e 'ndranghetiste.
Gli investigatori sono riusciti a ricostruire l'attività criminale del clan per oltre 15 anni: sono emerse le modalità operative dell'organizzazione, le sue alleanze con altre organizzazioni criminali e i tentativi di espansione in nuovi territori, nonché, una realtà fatta di violenze, minacce e omicidi, che ha seminato terrore nel territorio.
Le indagini hanno dimostrato la capacità dell'organizzazione criminale di instaurare un solido sistema di comunicazione interna, anche in ambito carcerario, attraverso l'utilizzo di canali clandestini. In particolare, sono emersi l'impiego di “pizzini” trasportati dai familiari e l'illecito utilizzo di telefoni cellulari.
Tale rete di comunicazione serviva a gestire le finanze del clan, fornire assistenza economica ai componenti dell'organizzazione detenuti, perseguire gli obiettivi criminali e promuovere il traffico di stupefacenti.