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Edoardo Altomare, ‘L’ospite (in)atteso’ con l'intervista a Pier Luigi Lopalco

Mai pandemia era stata più annunciata e per molti versi prevista, almeno negli ambienti scientifici specializzati. E, ancora una volta, gli effetti sono stati epocali. E’ il tema oggetto del nuovo lavoro di Edoardo Altomare “L’ospite (in)atteso” - Radici future Edizioni, 2020 arricchito da un’intervista finale all’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, Professore ordinario di Igiene all’Università di Pisa e Responsabile del Coordinamento delle Emergenze epidemiologiche della Regione Puglia.

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Negli ultimi 20 anni abbiamo ricevuto sei minacce significative: SARS, MERS, Ebola, influenza aviaria e influenza suina. Poi quest’ultima la pandemia da Covid-19. “Abbiamo schivato i primi cinque proiettili, ma il sesto ci ha beccato in pieno”, sottolinea Edoardo Altomare, “Nonostante i numerosi avvertimenti, noi non eravamo preparati a questo evento”.

Nell’analizzare i tanti aspetti di un nemico nuovo e diverso, destinato a segnare profondamente abitudini e prospettive in tutti gli angoli del mondo, l’autore - lui stesso medico e ricercatore - rivive le diverse fasi della pandemia e i molteplici, controversi e più o meno efficaci approcci fatti registrare alle diverse latitudini.

“In molti sapevano che sarebbe potuto accadere - ribadisce Altomare - ma i politici di tutto il mondo si sono rifiutati di ascoltare gli allarmi degli scienziati e di investire risorse umane e finanziarie, per farsi trovare pronti. Ora ci tocca imparare a convivere con il coronavirus”.

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Ma soprattutto Edoardo Altomare ci invita a riflettere su uno degli aspetti più allarmanti di questa vicenda ‘universale’, sul quale sarà bene trovare al più presto gli antidoti più efficaci: “La pandemia di Covid-19 ha generato un’altra epidemia, quella globale di disinformazione, di fake news mirate a screditare le fonti ufficiali e a promuovere tesi complottiste: un pandemonio definito infodemìa”.

Edoardo Altomare - Medico, dirigente della Asl Bari, è autore di numerosi articoli scientifici e saggi. Tra i quali Influenza (2000) e Virus all'attacco. Cosa ci aspetta dopo la Sars (2003). Per Radici Future ha pubblicato insieme a Andrea Gargiulo “Musicabilia, disabilità,‘el sistema Abreu’ e neuroscienze” (2017).

(gelormini@gmail.com)

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Intervista al prof. Pier Luigi Lopalco

Professore ordinario di Igiene presso l’Università di Pisa, coordinatore emergenze epidemiologiche della Regione Puglia

a cura di Edoardo Altomare

L’aveva confessato l’epidemiologo Ben Cowling (Università di Hong Kong), ai primi di marzo: "Ho dedicato 15 anni del mio lavoro per definire le linee guida in caso di pandemia di influenza. E ora ci ritroviamo ad affrontare una pandemia da coronavirus". Insomma tutti si aspettavano l’arrivo di una pandemia influenzale. E così l’inattesa comparsa di un nuovo coronavirus ha mandato in tilt tutte le agenzie internazionali preposte al controllo ed alla prevenzione di un’epidemia globale.

"Bisogna ammettere di aver commesso un errore clamoroso", commenta l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene all’Università di Pisa e Responsabile del Coordinamento delle Emergenze epidemiologiche della Regione Puglia. Oggi Lopalco rivendica di essere stato tra i primi a fine dello scorso gennaio, a lanciare l’allarme sulla gravità della situazione: ma, dice, "Si sono girati tutti dall’altra parte".

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Secondo il Corriere della Sera del 20 maggio u.s. (“Quando gli esperti europei valutarono basso il rischio”), che a sua volta cita El Paìs, l’Advisory forum dell’Ecdc, riunitosi a Stoccolma il 18 e il 19 febbraio 2020 avrebbe stabilito che il rischio rappresentato dal Sars-CoV-2 fosse “basso, se non molto basso” per i sistemi sanitari europei, almeno per le successive 2-4 settimane. Giuseppe Ippolito - direttore scientifico dello Spallanzani e membro supplente dell’Ecdc - ha confermato la notizia, pur non essendo presente. Lei ha lavorato a lungo (dal 2005 al 2015) all’Agenzia di Stoccolma, come si sente di commentare la fallacia di queste previsioni?

Possiamo dire che è stato commesso un grosso errore di sottovalutazione, visto che in quel momento due paesi europei, Germania e Francia, avevano già registrato dei casi.

Dato che l’Ecdc ha come obiettivo quello di rafforzare le strategie dei Paesi Ue contro le malattie infettive, e considerata la notevole difformità delle linee d’intervento adottate nei Paesi europei di fronte all’emergenza Covid, ritiene che attualmente l’Agenzia sia all’altezza del compito?

L’Ecdc è un’agenzia nata nel 2005, due anni dopo l’epidemia di Sars - che in Europa aveva prodotto un impatto impressionante anche per gli effetti sul fronte economico. Un altro scossone nel 2012 l’ha dato la MERS, dovuta all’emergere di un altro coronavirus: si pensava ad un’espansione pandemica del virus, che invece non ha causato una trasmissione sostenuta. L’Ecdc risente del peccato originale della legislazione europea, la sua debolezza dal punto di vista legislativo in campo sanitario. L’Agenzia può ricorrere a strumenti di indirizzo, non coercitivi. E quando si parla di problemi di salute, di strategie vaccinali ad esempio, questi ricadono sotto l’esclusiva competenza degli Stati membri. A meno che non ci sia un problema legato ad una malattia infettiva diffusiva.

Come nel caso del nuovo coronavirus…

Sì, ma l’Ecdc è strutturata per programmi, come tutte le agenzie internazionali. E il sistema di preparedness, di preparazione ad una pandemia, era ed è tarato sull’influenza: ci sono gruppi di persone che si occupano solo di influenza, trascurando il resto. E dopo la pandemia influenzale del 2009, non c’erano segnali che indicassero un’imminente pandemia dovuta a virus influenzali. Un altro problema è che la funzione dell’Agenzia dipende molto dai cosiddetti “board”, comitati nei quali devono essere presenti tutti i rappresentanti degli Stati membri, e non bisogna scontentare nessuno. In questi board anche un piccolo paese, per tutelare gli interessi nazionali, può opporre un forte ruolo di veto. Così, coordinare il tutto diventa una mission impossible.

Lo stesso discorso vale per l’Oms?

A difesa dell’Oms va detto che tutti si aspettano da tempo una pandemia influenzale, tutti dicono “non sappiamo quando, ma arriverà”. E dopo la mite pandemia influenzale del 2009, come ho già detto, non ne era prevedibile un’altra solo una decina d’anni dopo. I piani di preparazione a una pandemia risentono di questo, l’attenzione generale era concentrata su un virus influenzale. Ma non dimentichiamoci che lo scorso 11 febbraio il Direttore generale dell’Oms aveva avvertito che questo virus era “una minaccia peggiore del terrorismo”.

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Questo però non ha allarmato abbastanza i destinatari di quell’avvertimento

L’errore madornale di tutte le agenzie di sanità pubblica, inclusi CDC ed Ecdc, è stato quello di essere rimasti sordi e di essersi girati dall’altra parte. Quando il 30 gennaio l’Oms ha dichiarato l’emergenza di sanità pubblica internazionale di Covid-19 (PHEIC, Public Health Emergency of International Concern) tutti gli Stati avrebbero dovuto intervenire.

E perché non l’hanno fatto?

Per il timore di suscitare il panico.  Ma se ci si prepara meglio ad affrontare una pandemia, come questa da Sars-CoV-2, di sicuro si può gestirla più efficacemente. Basta guardare la differenza tra la Svezia (quasi 44mila casi e 4.656 morti) e la Danimarca (solo poco più di 12mila casi e 587 vittime).

Supportato dai numerosissimi warning che si sono susseguiti negli ultimi 20-25 anni, in questo libro si sostiene che mai nessuna pandemia è stata più annunciata di questa. Alcuni autorevoli scienziati hanno però affermato (o scritto) che fosse “inaspettata”. Qual è la sua opinione al riguardo?

Lopalco: Inaspettata? Probabilmente volevano dire che non ci si aspettava nel 2020 una pandemia da coronavirus. 

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Da alcune settimane circola l’idea, alimentata da illustri infettivologi, che la virulenza del Sars-CoV-2 si sarebbe affievolita, e che la presentazione clinica dei pazienti con Covid-19 di oggi sia più lieve di quella vista, purtroppo, nei mesi di marzo ed aprile. Da epidemiologo – abituato però a collaborare con i medici – e in mancanza di dati pubblicati su riviste internazionali a proposito di eventuali mutazioni del coronavirus, Lei che idea si è fatto?

Sono abbastanza pessimista. Dubito che il Sars-CoV-2 possa scomparire, vediamo tuttora casi di portatori asintomatici del virus che restano positivi per settimane. E poi in autunno si riapriranno le scuole, si tornerà al chiuso, il che favorirà nuovi contagi. Per non parlare della possibilità di un’interazione tra virus influenzali stagionali e coronavirus.

Siamo pronti ad affrontare un’eventuale seconda ondata di Covid-19?

Secondo me sì, stavolta non ci faremo trovare impreparati.

(*Credit video: TRM)

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