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Emiliano (FD) lettera al PD su crisi Banche Venete

Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia e leader di Fronte Democratico (PD) ha inviato una lettera sulla crisi delle banche venete ai membri del Governo del PD e ai parlamentari del PD: Ai membri del Governo del Partito Democratico:

G7 Emiliano
 


Ai Senatori del Partito Democratico

Ai Deputati del Partito Democratico

Cari amici,

mi permetto di scrivere questa lettera aperta a tutti voi per evitare che il nostro Partito sia nuovamente coinvolto, senza averne alcuna responsabilità diretta, nelle vicende inerenti i recenti dissesti bancari.

Lo scorso 25 Giugno il Consiglio dei Ministri, in una seduta di appena 20 minuti che si è limitata di fatto a recepire acriticamente le proposte del Ministro Padoan, ha approvato il Decreto Legge n. 99 recante "Disposizoni Urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza s.c.p.a. e di Veneto Banca s.p.a.".

Con tale Provvedimento il Governo delinea, in relazione alle banche venete, un percorso di intervento diverso sia da quello seguito per la crisi delle quattro banche "risolte" nel dicembre 2015 (Etruria, Chieti, Ferrara e Banca Marche), che da quello adottato per la gestione della crisi MPS.

In altre parole, il Governo ha gestito le 3 crisi bancarie insorte da quando, con il D.Lgs. 16 novembre 2015 n. 180, è stata recepita in Italia la direttiva sul bail-in, secondo tre modalità diverse, con la consapevolezza che il modello utilizzato per Mps, la cosiddetta nazionalizzazione poteva essere esteso se intervenuti per tempo anche sui recenti casi veneti.

Questo approccio discrasico esaspera ulteriormente la tensione sociale delle centinaia di migliaia di risparmiatori incolpevolmente coinvolti nei dissesti bancari.

Un sistema bancario sano ed efficiente, in grado di sostenere con il credito le nostre aziende costituisce da sempre un valore essenziale delle nostre famiglie e del loro risparmio, e come tale giustamente riconosciuto dall'art. 47 della Costituzione, rappresenta un punto fermo per la crescita economica e per la salvaguardia dello stesso tessuto sociale.

L'importanza di tali temi richiede una strategia unitaria e coerente, anche nei rapporti con le Istituzioni Europee, per la gestione delle crisi bancarie, che a sua volta non può prescindere da una chiara visione della reale situazione delle banche italiane.

Banche venete3
 

La grave crisi economica e finanziaria innescata nel 2008 dall'esplosione dei mutui sub-prime e dal crack Lehman ha determinato conseguenze pesantissime sull'economia reale del nostro paese e, a cascata, sulla solidità patrimoniale delle nostre banche, minata dal progressivo accumularsi di crediti deteriorati.

Negli altri paesi europei in cui la crisi economica ha parimenti determinato un'analoga esplosione dei crediti problematici, la crisi del sistema bancario è stata affrontata, già nei primi anni, con un'operazione verità, che ha portato all'emersione delle situazioni di criticità ed al loro soluzionamento mediante massicCi aiuti statali.


Le banche degli altri paese europei (Germania, Spagna, Irlanda tra gli altri), ricapitalizzate grazie agli aiuti pubblici e rese più efficienti grazie agli interventi di ristrutturazione tempestivamente posti in essere, sono diventate il motore della ripresa economica.

In Italia, come noto, i Governi e le stesse Autorità di Vigilanza, hanno invece preferito ignorare il problema, continuando a rassicurare i mercati e i risparmiatori sulla solidità delle nostre banche facendo finta di non comprendere le inevitabili ripercussioni che una crisi economica di tale portata avrebbe inevitabilmente prodotto sul sistema bancario. La conseguenza principale è stata quella di aver bruciato miliardi di aumento di capitale in cui hanno creduto tanti azionisti anche negli ultimi anni, oltre all'aver negato anche di fronte all'evidente difficoltà di "funding" delle banche in crisi che fosse necessario un intervento diretto dello Stato.

Questa "politica dello struzzo",  ostinatamente proseguita anche quando il percorso di approvazione ed entrata in vigore del bail-in era ormai chiaramente delineato ha precluso la possibilità di avviare tempestivamente, quando ancora era possibile, interventi pubblici di sostegno al sistema bancario e ha pesantemente ritardato l'avvio dei piani di ristrutturazione ed efficientamento delle aziende bancarie, minandone la competitività.

Banche Venete3
 


L'entrata in vigore della Direttiva sul bail in ha dunque trovato il nostro sistema bancario in una condizione di fragilità e impreparato a fronteggiare le crisi dei singoli istituti. I Governi e la stessa Banca d'Italia, nell'approvare il recepimento nel nostro paese di tale direttiva, non hanno previsto misure transitorie di salvaguardia volte a consentire la graduale dismissione dell'enorme mole di crediti deteriorati, a lungo ignorata.

L'attuale Governo e la maggioranza che lo sostiene, pur non essendo certamente responsabili del determinarsi dell'attuale difficilissima situazione, hanno la precisa responsabilità di individuare una strategia unitaria e coerente che consenta di:

1) Salvaguardare i risparmiatori che inconsapevolmente ed incolpevolmente, fidandosi dei bilanci della banche (poi rivelatisi completamente falsi) e delle stesse rassicurazioni delle Autorità di Vigilanza hanno investito a vario titoli nelle banche oggi in dissesto;

2) Garantire una omogeneità di trattamento ai risparmiatori "traditi" dei diversi istituti bancari. Un trattamento differenziale, come quello che oggi si sta concretizzando, porta infatti ad esasperare le tensioni sociali di quei risparmiatori che, dopo essere stati traditi dalla propria banca di fiducia, si sentono ulteriormente traditi dallo
stesso Stato, che in alcuni casi interviene per salvarli ed altre volte li abbandona al proprio destino, ingenerando peraltro l'odioso sospetto che i percorsi preferenziali possano essere legati a vicinanze politiche;

3) Assicurare che le banche in difficoltà, opportunamente ricapitalizzate e ristrutturate, possano riprendere il loro ruolo di sostegno alle economie dei rispettivi territori di radicamento;

4) Ridurre al minimo possibile l'onere a carico dello Stato e quindi dei contribuenti.

Solo offrendo una risposta chiara e decisiva a tutti questi punti è possibile evitare che la fiducia dei risparmiatori e delle aziende nel nostro sistema bancario venga irrimediabilmente compromessa.

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Il Decreto Legge 23 dicembre 2016, n. 237, approvato in relazione al salvataggio di MPS, individua un percorso di ricapitalizzazione precauzionale che consente di perseguire tutti gli obiettivi sopra indicati. Infatti:

- Vengono integralmente tutelati i correntisti e gli obbligazionisti senior;

- Gli obbligazionisti subordinati delle categorie più fragili vengono pienamente tutelati mediante concambio con obbligazioni senior, mentre agli altri viene almeno riservata la conversione in azioni, con la potenziale prospettiva, condivisa con gli azionisti, di una ripresa di valore una volta completato il processo di risanamento della banca;

- La banca viene dotata di risorse patrimoniali adeguate per ritornare in modo competitivo sul mercato, riprendendo l'erogazione del credito e rafforzando la sana concorrenza sul territorio;

- Lo Stato diventa azionista della banca e in prospettiva, grazie al risanamento della stessa, può recuperare in tutto o in parte l'importo investito.

Al contrario, la soluzione delineata per la banche Venete a causa del ritardo con cui si è deciso di intervenire tradisce i risparmiatori, abbandonando completamente al loro destino le centinaia di migliaia di piccoli azionisti e di obbligazionisti subordinati che hanno incolpevolmente affidato alla banca i propri risparmi, e comporta per
lo Stato un onere spaventoso e, nella sostanza, in larga parte non recuperabile. Inoltre crea un profondo vulnus nell'attuale quadro normativo, derogando una miriade di fondamentali disposizioni del nostro ordinamento, incluse quella relativa alla "par condicio creditorum" sancita dall'art. 2741 del codice civile. Viene poi completamente bypassata la normativa antitrust.

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Le misure di ristoro previste per gli obbligazionisti subordinati risultano infatti poco consistenti, dal momento che per l'accesso all'unica forma di rimborso effettivamente efficace, ovvero quella del rimborso forfettario, sono previsti paletti così stringenti (reddito lordo inferiore a 35.000 euro e patrimonio mobiliare inferiore a
100.000 euro) da escludere completamente la classe media, ovvero quella che è certamente più esposta su tale tipologia di investimenti.

Il Decreto inoltre limita le misure di rimborso ai risparmiatori che hanno sottoscritto i titoli entro il 12 giugno 2014, data di pubblicazione nella gazzetta ufficiale europea della Direttiva bail-in, anche se tale direttiva è stata poi recepita nel nostro ordinamento solo 18 mesi dopo, con il ricordato D.L. 16 novembre 2015 n. 180.

Impressionante, poi, risulta l'onere potenziale a carico dello Stato anche se rientrante nell'autorizzazione all'indebitamento avvenuta in occasione del salvataggio Mps, così come e emerge dallo stesso Decreto e certificato dall'Ufficio Studi della Camera. Lo Stato deve infatti farsi carico:

a) di versare a Banca Intesa, al fine di preservarla da qualsiasi impatto sui propri coefficienti patrimoniali, 3,5 miliardi euro, oltre ad ulteriori 1,3 miliardi per il sostegno alla fuoriuscita dei dipendenti, con un esborso di 4,8 miliardi;

b) fornire alla stessa Banca Intesa garanzie fino ad un ammontare massimo 10,35 miliardi a copertura dello sbilancio di cessione (in sostanza, di crediti e poste problematiche) e delle ulteriori attività, oggi in bonis, che Banca Intesa ha diritto di retrocedere nei prossimi 3 anni;

c) fornire ulteriori a garanzie per circa 2 miliardi di euro a copertura dei contenziosi in essere e delle altre spese di liquidazione.

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Il costo potenziale a carico dello Stato, e quindi dei contribuenti, assomma quindi a circa 17 miliardi di euro, cifra sideralmente più elevata dei circa 6,5 miliardi ipotizzati nell'ambito dell'intervento di ricapitalizzazione precauzionale inizialmente prospettato. Conl'ulteriore differenza che nell'ipotesi di intervento precauzionale lo
Stato diventa azionista della Banca e, una volta realizzato il processo di ristrutturazione, può rimetterla sul mercato, rientrando almeno in parte del proprio investimento.

Nel caso delle banche venete, invece, tutta la parte sana delle banche va a Banca Intesa, e le aspettative dello Stato di rientrare dei costi sostenuti si basano sulle flebili aspettative di recupero sulle attività deteriorate.

Ancora una volta si richiede alla principale Banca del Paese, Intesa Sanpaolo, che va peraltro ringraziata per la disponibilità e che del tutto legittimamente ha preteso adeguate garanzie, di farsi carico delle due banche in difficoltà.

Come noto, il percorso della ricapitalizzazione precauzionale, dapprima intrapreso anche per le Banche Venete, si è arenato di fronte all'ostinazione delle Autorità Europee nel pretendere un ulteriore sacrificio di 1,2 miliardi di euro da parte di soggetti privati, non consentendo allo Stato di sanare il deficit patrimoniale necessario a soddisfare il requisito di solvibilità.

Io credo che, di fronte alle gravissime conseguenze sopra ricordate il Partito Democratico abbia la responsabilità di chiedere al Ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan di spiegare le ragioni che hanno condotto il Governo Gentiloni a presentare senza alcun confronto preventivo il decreto legge al Parlamento con una sorta di ricatto implicito: "approvarlo così oppure salta tutto". Questo èinaccettabile e la responsabilità non è certo di Banca Intesa trascinata dal Ministero dell'Economia, fuori tempo massimo in questa condizione.

Sarebbe opportuno capire dal Ministro dell'Economia e dal Governo nel suo insieme se e come si sono confrontati con l'intero sistema delle banche italiane facente capo ad Abi, quale interlocuzione c'è stata
con le autorità indipendenti a partire da Bankitalia fino alla stessa BCE e quali sono state le risposte formali e ufficiali avute dalla Commissione Europea in questi mesi.

In mancanza di un'interlocuzione trasparente chiedo al mio partito di valutare l'ipotesi di fermare il Decreto Legge 99/2015 e di riaprire con l'Europa il confronto sull'intervento di ricapitalizzazione precauzionale anche di fronte a una condizione chiaramente diversa delle banche venete rispetto al MPS.

Ho doverosamente comunicato al Segretario del Partito Matteo Renzi questa mia iniziativa cui altre ne faranno seguito in sede parlamentare e nel paese a tutela del ceto medio produttivo, dei relativi investimenti e per evitare che normative speciali continuino a legiferare in modo retroattivo distruggendo la fiducia dei risparmiatori, degli investitori e in genere delle persone per bene nei confronti delle nostre istituzioni finanziarie e ancor prima del Partito Democratico.

​Un cordiale saluto,

​   Michele Emiliano

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