FG, Liceo Volta contro la
violenza con magia teatro
Al Liceo 'A. Volta' di Foggia si combatte la violenza con la magia del teatro
di Mina De Santis
Imparare a non usare e a non subire la violenza si deve, chi può insegnare a farlo è anche la scuola. Il Liceo in cui insegno, lo scientifico “A. Volta” di Foggia, da sempre e in molti modi si muove in questa direzione. Quest'anno, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne, ha provato a farlo attraverso la drammatizzazione teatrale: due artisti, Pino e Simona, che interpretano con straordinario realismo tre dinamiche relazionali conflittuali, ambientate tra passato e presente, di fronte a una platea di circa mille ragazzi che, a turno nelle cinque ore di lezione, assistono alla rappresentazione.
Immaginate 200 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni che al suono della campanella lasciano le aule e confluiscono nell’atrio trasformato, per una mattina, in teatro. Arrivano gridando, canticchiando, scherzando tra di loro. Si siedono a terra, si guardano intorno, tra l'incuriosito e il disorientato. Il vociare aumenta a dismisura fino a quando gli artisti iniziano sommessamente a recitare. L'attenzione cresce mentre piano piano diminuisce il brusio e poi più nulla, solo silenzio e il grido disperato di una donna che come un mantra ripete: “non è colpa mia, io credo all'amore “ mentre viene massacrata dal suo uomo che, invece, d'amare non è capace…
Quando tutto finisce, il silenzio rimane ancora per qualche lungo istante. Poi l'applauso liberatorio. La commozione è palpabile, qualche ragazzo trattiene a stento le lacrime.
Ora si alzano per ritornare in aula, riprendono a chiacchierare e a scherzare tra di loro, ma i volti, i gesti, le parole non sono quelli di prima.
La magia del teatro è riuscita là dove forse una lezione frontale avrebbe fallito: rapire l'attenzione, emozionare, coinvolgere, appassionare per arrivare dritto al cuore e alle viscere, là dove albergano quei demoni oscuri dei sentimenti malati generatori di morte, per suscitare domande, stimolare riflessioni e aprire spazi di dialogo.
Ho buoni motivi per sperare che questi ragazzi e queste ragazze cresceranno incapaci di usare e di subire violenza.