Il barese Antonio Lattanzio nel Consiglio direttivo della Società internazionale di Teologia pratica - Affaritaliani.it

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Il barese Antonio Lattanzio nel Consiglio direttivo della Società internazionale di Teologia pratica

Il prof. Antonio Lattanzio, presbitero della Chiesa di Bari e docente all’Institut Catholique de Paris nel Consiglio direttivo della Società internazionale di Teologia.

di Dario Patruno

La recente nomina del prof. Antonio Lattanzio, presbitero della Chiesa di Bari, nonché docente all’Institut Catholique de Paris a componente del Consiglio direttivo della Società internazionale di Teologia pratica per il prossimo triennio, mi ha indotto a formulare alcune domande sul compito da svolgere. 

La "società internazionale di teologia pratica" o la comunità di teologi nel mondo è una rete complessa di studiosi, accademici, e ricercatori che studiano la teologia in diverse parti del mondo.


 

L'intervista

Può descriverci brevemente quale sarà il suo compito e come concretamente si esplicherà?
Assieme ad altri esimi colleghi delle altre università di teologia appartenenti alle diverse confessioni cristiane, cercheremo di creare spazi comuni di dialogo e di ricerca, che mettano in rete studenti e ricercatori di tutto il mondo. Sicuramente la promozione di attività e congressi, ma anche un’animazione capillare dell’intelligenza della fede nei luoghi dove la gente vive quotidianamente.

Aiutare a trovare le parole e i concetti “giusti” per narrare l’esperienza dell’incontro che il credente vive con il Signore, al fine di mantenerne viva la memoria e trasmetterla ad altri, è la grande sfida che il mondo iperconnesso e frenetico di oggi lancia alle Chiese. Sono attivi già diversi laboratori avviati negli ultimi anni che vanno in questa direzione. Tra tanti, mi piace citare il progetto di EcclesiaLab’ condotto dall’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve (Belgio).

Esso si propone di valorizzare e sostenere le “buone pratiche” della trasmissione della fede vissute nelle comunità ecclesiali cattoliche, in questo caso francofone. Tale lavoro permette di percepire e vivere la vita ecclesiale con occhi nuovi, quelli della fede, in maniera sempre creativa e innovativa, perché è lo Spirito Santo a guidare le Chiese e ad alimentarne la comunione nell’unica Fede.  

Nell’ambito di un percorso ecumenico e considerate le numerose Chiese cristiane presenti in questo contesto accademico c’è un sostrato sociologico religioso sul quale si innesta la vostra opera di teologi?
Il contesto è nello specifico quello occidentale europeo e nordamericano, con tutte le sfide che esso comporta. Tuttavia, nel lavoro di ricerca e nel discernimento pastorale non manca mai il contributo di teologi e pastori provenienti da altre parti del mondo, in particolare l’America latina. 

Quali sono gli auspici perché questo organismo possa essere inclusivo nei confronti dei giovani attratti dal senso del Mistero ma in crisi a incontrare persone disponibili a condividere un progetto di vita che includa Dio?
Io auspico che la SITP possa diventare sempre più uno spazio di confronto e una fucina di ricercatori (teologi, pastori, laici in missione, etc.) “illuminati”, capaci di discernere i “semi” di Evangelo presenti nella vita delle loro Comunità e delle persone di questo tempo, per amplificarli sempre più. Dio si lascia trovare quando noi rinunciamo a prendere il suo posto.  


 

In questa prospettiva la venuta a Bari della nave Belle Espoir dal 10 al 13 settembre, può essere occasione per “Confessare la Fede” come ha intitolato un suo recente saggio, in un contesto che presume di fare a meno di Dio fattosi uomo? 
Dato che ha citato il mio saggio, per rispondere alla sua domanda cito un passaggio di un testo di Jacques Audinet, antropologo e teologo su cui ho lavorato molto finora e di cui parlo nel mio saggio. In un articolo pubblicato nel 1960 egli scriveva (cito testualmente dal francese traducendo in italiano): "La fede è virtù dell’intelligenza. Essa è per colui che l’ha ricevuta una chiamata alla conoscenza: il bambino battezzato dovrà un giorno essere istruito; è la ragione per la quale un adulto non può ricevere il 'sacramento della Fede [il Battesimo]' senza catecumenato. Per l’uno come per l’altro, si tratta di ricevere la conoscenza della rivelazione divina. Attraverso i testi della Scrittura, le affermazioni dei Simboli, sono loro rivelati il Mistero di Dio, la chiamata alla beatitudine, la via che ad essa ci conduce: Gesù Cristo".

Di conseguenza, 'confessare la fede' significa entrare in una dinamica dialogale, di comunicazione 'intelligente', che non si ferma ad un semplice 'sentito dire': una Parola di salvezza rivelata e una volontà personale che la accoglie in una comunità, assieme ad altri, divenendo sempre più libera e fortificandosi. Confessare la fede significa entrare e vivere tale dinamica.

La grande sfida oggi è prendere coscienza di questo dentro e fuori le nostre Chiese e, forse, capiremo che non potremo più fare a meno di Dio, perché Lui non fa mai a meno di noi. Questo è il grande e rivoluzionario messaggio di Gesù Cristo! Questo è il messaggio di speranza che i giovani del Mediterraneo vengono a portarci e il richiamo alla nostra responsabilità di credenti, 'comunicatori intelligenti' dell’incontro vivo con la parola di Colui che ci libera e ci salva: Gesù Cristo. 

Avverto la necessità per aver trovato il tempo di rispondere a queste domande durante il Suo soggiorno parigino per ragioni di lavoro di  dirgli: 'Grazie davvero!'