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La strage di Capaci - Falcone, Emiliano e la Nave della Legalità

Palermo, 23 maggio 1992 ore 17:58 al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, l’inconsapevole o fatale gesto di Giovanni Falcone, di prendere un mazzo di chiavi dal cruscotto, fa rallentare di poco l’auto che sta guidando, quel tanto che basterà ad evitare un massacro ancora più grande.

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Alle 17,58 appostato tra i cespugli il sicario Giovanni Brusca aziona una carica di cinque quintali di tritolo, che era stata posizionata in una galleria scavata sotto la strada. L’inconsapevole decelerazione dell’auto di Falcone salverà la vita degli uomini della scorta dietro di lui. Niente da fare per quelli davanti, travolti in pieno dallo scoppio. I tre agenti della scorta nella Croma marrone, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Di Cillo, muoiono sul colpo.

La macchina di Falcone si schianta contro il muro di cemento e detriti causati dallo scoppio. Il Giudice muore durante il trasporto in ospedale a causa del trauma cranico, causato dall'impatto contro il parabrezza, e da varie lesioni interne. La moglie, Francesca Morvillo, morirà invece in ospedale la sera alle 22:00. L'agente Costanza, che si trovava nella macchina con il giudice, rimane illeso. Nella Croma azzurra, terza automobile, gli agenti  Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. rimangono feriti.

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Antonio Montinaro e Rocco Di Cillo erano pugliesi, rispettivamente di Calimera (Le) e Triggiano (Ba) e saranno ricordati insieme a Giovanni Falcone e a tutte le vittime di mafia, a 26 anni dalla tragica strage, nell’Aula Magna della Corte di Appello di Bari, alla presenza del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Occasione, per ricordare – con riconoscimento specifico - anche Stefano Fumarulo, dirigente della Regione Puglia scomparso prematuramente, per il suo impegno nell’antimafia sociale.

“Le immagini di quel pomeriggio restano indelebili ai nostri occhi e, in qualche modo, creano in tutti noi quasi un senso di colpa, per il solo fatto di essere sopravvissuti", dichiara Michele Emiliano, "Ancora oggi ci chiediamo se fu fatto tutto quello che si poteva fare, sia nella vita che nel servizio. Perché è successa a loro una cosa così? E cerchiamo di soffocare quel senso di colpa nella ricerca della forza per fare il nostro dovere ogni giorno”.

“La prima volta che incontrai la scorta di Falcone fu a Palermo”, ricorda Emiliano rievocando alcuni momenti del suo rapporto con il giudice Giovanni Falcone, “Fui introdotto nel suo ufficio, che per ovvie ragioni era al buio. Mi accorsi di quel nugolo di ragazzi della scorta, che mi osservavano e che cercavano di capire chi fossi”.

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“Falcone - ribadisce Emiliano - era, e lo è ancora, uno degli esempi della mia vita, che ha ispirato tutto il mio percorso. E oggi, potendolo, chiederei ancora a quei ragazzi se fossero anche presenti al funerale di Rosario Livatino, a Canicattì, quando eravamo riuniti per stabilire come quel funerale dovesse svolgersi”.

“Ci chiamavano ‘giudici ragazzini’, e tra noi c’era il grande orgoglio di trovarsi lì, magistrati italiani in Sicilia, dove c’era più bisogno. Come si fa a non essere nostalgicamente felice e orgoglioso - conclude Michele Emiliano - di aver incontrato queste persone e di aver fatto con loro un breve tratto di strada?”

L'arrivo al porto di Palermo della Nave della Legalità ha aperto le manifestazioni per il 26esimo anniversario della strage di Capaci. A bordo della nave tra gli altri, oltre 1.000 giovani, il ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli, il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, che hanno viaggiato tutta la notte partendo da Civitavecchia dopo il saluto del capo dello stato Sergio Mattarella. Ad accoglierli il presidente della Camera, Roberto Fico, la presidente della Fondazione Falcone, Maria Falcone, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il vicepresidente del Csm Giuseppe Legnini.

(gelormini@affaritaliani.it)

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Pubblicato sul tema: Anniversario strege di Capaci, Emiliano ricorda Falcone e Stefano Fumarulo

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