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Luciano Canfora, 'La metamorfosi' crono-diagnosi del Pci

di Francesco Perocelli

Rifkessioni critiche su "La metamorfosi" di Luciano Canfora - Edz. Laterza, 2021

Nella stagione della coesistenza tra tecnocrazie e democrazie (efficacemente profilata dal politologo Lorenzo Castellani) e del paradigma post-ideologico dettato dalla “Politica Netflix” (l’espressione è di Lorenzo Pregliasco) risulta più che mai attuale la recente fatica del Professor Luciano Canfora, “La metamorfosi” (ed. Laterza, 2021).

Canfora Metamorfosi

In poco più di ottanta pagine Canfora condensa e ripercorre, a cent’anni dalla nascita del Pci, le tappe, i volti, le “parole e le cose” che hanno portato un partito nuovo - (ri)nato e (ri)fondato nel 1944, sulla avveduta ma mai davvero concretizzata intuizione togliattiana della “democrazia progressiva”, come volto di una “forza decisiva (…) in grado di dirigere tutto il Paese” - a porsi come voce rieducatrice di massa, a fronteggiare gli opposti pericoli dell’eccessivo parlamentarismo e della vorticosa marginalizzazione, alimentati dall’accusa di doppiezza e dalla faticosa sinergia fra socialismo e democrazia.

Da queste cose e parole, appunto, si è in grado di ricostruire e spiegare anche il lento maturare, mutare (ed infrangersi) del lessico e di molti degli obiettivi iniziali del partito, che hanno lasciato gradualmente il passo alla strada del riformismo, categoria ancora oggi tutt’altro che desueta, e, ancor di più, delle socialdemocrazie, approdo e terreno, pur se oggi snaturato, dei modelli politici contemporanei.

Canfora Luciano

E dalle stesse cose e parole – o meglio, dal nuovo alfabeto politico e dalla retorica del “compromesso” e della “normalità” -, poi, si comprende anche l’esperienza del berlinguerismo, tratteggiata dall’autore come un’infelice torsione tesa all’inseguimento di un’indefinita “terza via” e, ancor di più, si è in grado di decifrare l’attuale “europeismo” professato dalla sinistra occidentale.

Per Canfora, infatti, il Partito Democratico oggi sembra affidarsi irragionevolmente ad un’ideologia - anche in questo caso, identificata nelle sue generiche parole d’ordine: “Erasmus” per i “giovani” - che sconfessa l’internazionalismo delle origini e promuove un “internazionalismo dei benestanti”, vacuo e compresso dagli interessi del mercato.

Un’evoluzione, un insieme di anelli che partono da una stagione tramontata, ma necessaria per non trovarsi impreparati di fronte alle sfide imposte dal mondo di oggi, governato da un pericoloso ritorno al leaderismo e da fenomeni “al tempo stesso primitivi ed avveniristici”.