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PugliaItalia
Una rigenerazione urbana sostenibile, per il futuro delle nostre città

Con questo primo intervento di Gianluca Rospi prende il via questa rubrica di Affaritaliani.it - Puglia, che vuol essere una sorta di virtual-agorà dove stimolare ed incrociare riflessioni, confronto, contributi e stimoli per un futuro dei nostri territori e delle nostre comunità. Un futuro più derminato e segnato dai loro protagonisti, anziché subìto o auspicato da decisioni spesso non condivise o avulse dai contesti di riferimento. Una piattoforma aperta, dove la parola d'ordine sarà costantemente sintetizzata da una convinzione: "La ricchezza è nella diversità" (ag) 

Gianluca Rospi

di Gianluca Rospi *

La pandemia sta condizionando il nostro presente e, purtroppo, anche il nostro immediato futuro, sconvolgendo i nostri rapporti sociali, paralizzando l’economia e mettendo a dura prova i comparti dell’architettura e dell’edilizia, già da anni in sofferenza.

Superata l’emergenza dovremmo porci il problema su come evitare disastri futuri, che siano sanitari, ambientali o socioeconomici. Una cosa è certa, bisogna ripartire dalle nostre comunità, che dovranno essere totalmente riprogettate guardando alla centralità dell’uomo e del cittadino, più sostenibili e green, tanto da rendere i quartieri e le città veri e propri luoghi del benessere.

La rigenerazione delle città può (e deve) rappresentare un’opportunità per il ripensamento delle politiche urbane ed edilizie, in maniera da rispondere alle esigenze dei cittadini e sostenere il settore delle costruzioni che rappresenta l’8% del Pil italiano con una filiera così articolata da coinvolgere, secondo stime dell’Ance, il 90% dei settori economici.
Settore fondamentale per la ripresa economica del Paese che, però, necessita di risposte certe e il più possibile immediate anche a livello legislativo per snellire al massimo le procedure burocratiche.

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Ciò che occorre è una vera e propria rivoluzione nell’organizzazione delle nostre città che dovrà vedere profondamente rinnovato il modo di concepirle, tutelando e valorizzando le singole bellezze culturali, così tanto diffuse nel nostro Paese. Per decenni le abbiamo considerate come agglomerati di tante singole porzioni di territorio (i quartieri), ma questo paradigma, oggi, va assolutamente rovesciato. La città è un corpo unico e vivo, nella quale le nuove infrastrutture digitali e i nuovi bisogni delle comunità devono stimolare architetti e ingegneri a ripensarle in maniera omogenea.

In Italia si è sempre parlato di rigenerazione urbana ma, fatta eccezione per qualche iniziativa locale, talvolta anche di lodevole interesse, non esiste una norma di indirizzo nazionale.

La nostra visione urbanistica è racchiusa nelle due proposte di legge che ho concepito nel 2019 (n. 1872 e 2046): la prima per la rigenerazione urbana e il recupero ecosostenibile del patrimonio edilizio, la seconda riguardante perequazione, compensazione e recupero urbanistico per la promozione di programmi di rigenerazione urbana sostenibile.

Orsara di Puglia

L’intento è quello di addivenire a una legge ponte, che introduca un percorso di riforma organica del settore urbanistico, passando dalla logica dell’espansione a quella della rigenerazione e recupero urbano, attraverso anche l’indicazione di nuovi standard urbanistici.

Con queste proposte di legge si indicano i princìpi di indirizzo alle Regioni da inserire nei piani di rigenerazione urbana sostenibile, incluse alcune previsioni sugli interventi di demolizione e ricostruzione e di delocalizzazione, utilizzando il principio delle premialità, entro determinati limiti, conseguibili nel caso in cui si riduca la copertura di suolo almeno del 25% a favore di quello permeabile. E ancora, si regolamentano perequazione, compensazione e recupero urbano, disciplinando nuovi standard urbanistici per gli interventi di rigenerazione urbana sostenibile.

Proposte che inciderebbero profondamente sul tessuto urbano, senza snaturare il volto delle città, incentivando la riqualificazione di interi agglomerati edilizi, arginando fenomeni di degrado sociale e riducendo il rischio di nuove espansioni edilizie incontrollate.

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Questi nostri intenti vanno anche nella direzione dei desiderata di Ance, che individua cinque obiettivi per la rinascita delle nostre città attraverso una rigenerazione urbana sostenibile: una legge specifica che ne riconosca il pubblico interesse; un rinnovo degli strumenti per pianificare la trasformazione delle città; la ricerca di un’urbanizzazione sostenibile; la tutela come opportunità di sviluppo e non come vincolo; innovazione, qualità e circolarità per un’edilizia sostenibile.

Il fine ultimo da perseguirsi è quello di dare impulso a interventi mirati per il recupero del patrimonio insediativo esistente, promuovendo operazioni di riqualificazione urbana che conducano al riordino dei tessuti urbani degradati, al risparmio del consumo di suolo, al miglioramento delle prestazioni energetiche e sismiche degli edifici. E, soprattutto, allo sviluppo economico e sociale dei territori riqualificati.

Se si pensa all’incidenza degli edifici costruiti prima delle norme del 1991 sul risparmio energetico (il 65%) o a quella degli edifici realizzati prima delle norme antisismiche del 1974 (il 60%, in un Paese che stima i danni causati dal terremoto negli ultimi 10 anni in quasi 40 miliardi di euro) appare chiaro quanto sia necessario e indifferibile un nuovo approccio per rinnovare il patrimonio edilizio nazionale.

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Tuttavia, la rigenerazione urbana non sta ancora trovando spazio nella legislazione nazionale; per di più c’è ancora molta confusione su quelle che sono le prerogative degli interventi, associando spesso erroneamente le misure di ecobonus e sismabonus alla rigenerazione urbana.

L’obiettivo della maggior parte della legislazione vigente in Italia (peraltro diversa da regione a regione se si tratta di gestione del territorio) non mette al centro la progettualità e concepisce la rigenerazione urbana in quanto mera riqualificazione di parti di territorio urbanizzato, tramite il recupero fisico-spaziale e urbanistico-edilizio, sovente incentivati da premialità volumetriche o economiche.

Redentore

Le sfide poste dalla rigenerazione urbana sono più variegate e orientate alla socialità: penso a città realmente a misura d’uomo, con un benessere diffuso, rispondenti alle rinnovate esigenze ambientali, digitali e di socialità, anche nelle attività lavorative, sempre più influenzate dalle logiche dello smart working.

Non può esistere rigenerazione senza adeguamento delle infrastrutture pubbliche e, successivamente, senza interventi in grado di migliorare le condizioni di vita, anche lavorativa, dei cittadini. Inevitabilmente, non esiste rigenerazione urbana senza ingenti investimenti e sostegno del pubblico.

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Non può esistere rigenerazione urbana se non ci riappropriamo del concetto di bene comune, dove spazi e servizi pubblici sono considerati di tutti e non di nessuno, dove le città sono a servizio di tutti i cittadini senza distinzione di classe e cultura.

Sono, dunque, insufficienti gli incentivi per gli edifici dei privati, come il sismabonus, l’ecobonus o il bonus facciate, tutti interventi ammirevoli, ma che non mutano il volto della città nel loro insieme, bensì soltanto nel particolare.

La città diventi un abito su misura dell’uomo, non un patchwork multicolore delle sue esigenze.

* presidente di Popolo Protagonista

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