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Xylella, per combatterla: cimice assassina e incroci spontanei di ulivi
Femmina LAB allevata in una capsula di Petri su ramoscelli di gelsomino

Contro la sputacchina arriva Zelus, la cimice assassina. Zelus frequenta le piante infestate anche se imbrattate dall’appiccicosa melata, perché sa che lì si nascondono le sue prede e aspetta l’arrivo della sputacchina.

E' questo l’obiettivo del nuovo studio del professore Francesco Porcelli pubblicato su Insects, rivista scientifica: abbattere l’organismo alieno con i super poteri di Zelus, lo scaltro predatore.  Lo studio, con  prove in laboratorio, mette anche in evidenza come Zelus non ami predare l’ape mellifera e “non è un fitofago parassita delle piante”, e dunque l’ecosistema non subirebbe alcuna importante variazione dall’introduzione della cimice assassina.

Per il professore Francesco Porcelli, entomologo dell’Università degli Studi di Bari, Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti, “Gli esperimenti suggeriscono che LAB (Leafhopper Assassin Bug-Cimice Assassina delle Cicaline) è un promettente agente di biocontrollo di alcuni importanti parassiti dell'olivo.  Le caratteristiche del LAB lo rendono un candidato interessante per programmi di biocontrollo e per gestire l'infezione da Xylella fastidiosa pauca ST53 oltre a mitigare il danno causato da altri parassiti legati all'olivo” e che “occorrono nuovi finanziamenti per approfondire gli studi in campo e tentare di arginare la diffusione della Xylella attraverso il controllo delle infezioni”.

Lo studio “Zelus renardii Roaming in Southern Italy” (https://www.mdpi.com/2075-4450/13/2/158?type=check_update&version=1https://www.mdpi.com/2075-4450/13/2/158)  è diviso in due parti, nella prima si compie una analisi dei metadati in una raccolta della bibliografia degli ultimi 165 anni. Nella seconda ci sono le prove di predazioni eseguite per comprendere le possibilità del predatore  in campo.

La cimice assassina o Zelus renardii (Hemiptera: Reduviidae) è entrata spontaneamente in Europa nel 2012 o prima e si è acclimatata. “È comune trovare Z. renardii durante la predazione in diversi agroecosistemi, aree urbane e periurbane. Il reduviide è innocuo per l'uomo e gli insetti utili”, scrivono gli autori dello studio.

L’importante novità dimostrata dalle prove in laboratorio evidenzia che “Zelus predilige certe prede piuttosto che predare qualsiasi insetto. Sceglie le sue prede in base ai loro habitat, che includono  le piante ospiti delle prede, l'abbondanza, le dimensioni e la mobilità delle prede che incontra”.

“Zelus renardii spesso cerca piante contaminate da melata perché possono ospitare possibili prede. La melata attira il reduviide su piante infestate da emitteri dove lo Zelus depone le uova e dove nascono i piccoli. Di conseguenza, la melata può attirare il predatore e trattenerlo nei luoghi dove ci serve  per il controllo dei parassiti.”

Savino Muraglia 7Savino Muraglia 7Guarda la gallery

Tuttavia, non tutti gli insetti produttori di melata sono preda dello Z. renardii che non mostra interesse per le specie di emitteri immobili. “Ora bisogna verificare la possibilità di allevare Zelus in grandi quantità per usarlo come un insetticida vivente sostenibile, resiliente, rispettoso dell’ambiente e che possa agire nei campi coltivati anche partendo da aree marginali o protette”, conclude il professore Porcelli.

La sperimentazione, gli innesti per salvare gli olivi monumentali e lo studio della biodiversità rappresentata dalle piante selvatiche nate da incroci spontanei sono temi di sicuro interesse e di concreta speranza, che vanno supportati perché unica speranza contro la Xylella: la pandemia degli ulivi, così come i progetti di rinaturalizzazione. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in relazione alla notizia che 18 genotipi di olivo selezionati dai ricercatori del progetto Life Resilience, dove tra le specie 'madre' individuate ci sono le varietà 'Leccino' e 'Fs-17' sviluppate da una serie di incroci, saranno inviati in Puglia e in Spagna per studiarne la resistenza e tolleranza alla Xylella fastidiosa.

Proseguono intanto gli studi in Puglia, dove sono già oltre 30.000 i semenzali osservati, numerosi semenzali già a frutto che hanno superato la fase giovanile, di cui 190 asintomatici selezionati ed analizzati con PCR quantitativa, 33 semenzali risultati privi del batterio a 3/4 successive analisi, di cui 23 già riprodotti e pronti per essere sottoposti ai test di patogenicità, dove i risultati attesi riguardano nuove fonti di resistenza nuove varietà, uniche e nate in loco da genitori autoctoni, nuovi genitori locali per attività di incrocio, alla base del progetto di ricerca e sperimentazione ‘Resixo’ condotto dal CNR-Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (IPSP Bari).

Solo nell’area infetta risultano contaminati 183mila ettari e 21 milioni di alberi e contro il dilagare della Xylella, che è arrivata ad Alberobello, sono determinanti “monitoraggio, campionamento, analisi di laboratorio e continua ricerca, considerato che non esiste ancora una cura per la batteriosi, per l’individuazione dei focolai nei primissimi stadi della infezione – afferma il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia - su piante sensibili e la successiva rimozione secondo legge, così come il controllo della presenza di potenziali vettori contaminati, restano l’unica soluzione per ridurre la velocità di avanzamento della infezione. L’efficacia e sistematicità è garanzia per le aree indenni della Puglia e delle regioni limitrofe, anche puntando sulle tecnologie innovative di monitoraggio remoto”.

La diffusione della Xylella Fastidiosa potrebbe costare miliardi di euro nei prossimi 50 anni in Europa, mentre in Italia, se l’espansione della zona infetta non venisse arrestata, l’impatto economico potrà crescere fino a 5,2 miliardi di euro - insiste Coldiretti Puglia - sulla base dello studio della prestigiosa rivista americana PNAS (Atti della Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d'America) sulla valutazione dell'impatto di Xylella fastidiosa pauca sull’olivicoltura in Italia, Grecia e Spagna, studio realizzato nell'ambito del Progetto H2020 POnTE da un team multinazionale di ricercatori guidato da economisti dell'Università di Wageningen (Olanda).

La ricerca ha un ruolo determinante - conclude Coldiretti Puglia - perché fino al 2013  in Europa non c’era traccia di Xylella ed era conosciuta (da 130 anni) solo nelle Americhe e Taiwan.

(gelormini@gmail.com)

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