PugliaItalia
Yvan Sagnet tra i pugliesi
Cavalieri al Merito della Repubblica
Tre pugliesi nominati da Sergio Mattarella Cavalieri al Merito della Repubblica Italiana. Tra loro, Yvan Sagnet, camerunense impegnato nella lotta al caporalato
Tre i pugliesi, tra i 40 "eroi" italiani, ai quali il presidente, Sergio Mattarella, ha conferito, motu proprio, le onorificenze al Merito della Repubblica Italiana. Donne e uomini diventati espressione di quei valori che lo stesso presidente - come più volte affermato - intende trasmettere, segnando virtuosamente il suo settennato.

"Eroi civili" che si sono contraddistinti per essere stati protagonisti di vicende umane di lutto e di dolore trasformate in solidarietà o ricerca scientifica, disabilità vissute come testimonianza di riscatto nello sport o nello studio, ma anche coraggio e impegno nei processi difficili dell'immigrazione, dell'accoglienza, della lotta alla illegalità e della crisi.
Spicca tra i riconoscimenti "pugliesi" quello a Jean Pierre Yvan Sagnet, 31anni della Flai-Cgil pugliese d'adozione ma nativo del Camerun. A tracciarne un profilo sintetico, ma significativo, è Enrica Simonetti nel suo libro "Morire come schiavi", Imprimatur Ed. 2016: "Sagnet è stato definito il Nelson Mandela dei braccianti. E' arrivato in Italia nel 2007, dopo aver sgnato in Camerun la nostra presunta terra delle possibilità, ammirando da lontano la bravura di Baggio, Vialli, Maldini. Studia Ingegneria e vince una borsa di studio al Politecnico di Torino, che segna la svolta. Fa tanti lavori diversi per mantenersi agli studi e nell'estate del 2011 arriva a Nardò, per la stagione del pomodoro. E' qui che la sua storia s'incrocia con quella del mondo dei caporali; è qui che decide di lottare contro lo sfruttamento e per i diritti, è qui che con coraggio promuove il rispetto della giustizia umana". Organizzando il primo sciopero dei braccianti starnieri, e completando una sorta di percorso di cittadinanza "completa": da straniero, sfruttato, a lauretao e sindacalista.

Un'esperienza e un appassionato abbraccio della causa dei più deboli e indifesi, che sarà raccontato insieme al sociologo Leo Palmisano nel pluripremiato libro-denuncia: "Ghetto Italia" - Fandango Ed. 2015 e che oggi fa dire allo stesso Palmisano, in preda all'emozione per la nomina a sorpresa di Yvan Sagnet: "Il merito di aver combattuto contro le mafie dei caporali è il grande risultato di Ghetto Italia. Continueremo a portare in giro il nostro lavoro, perchè il caporalato è entrato nei servizi, nel turismo, nell'edilizia. Stiamo contribuendo a cambiare in meglio il Paese".

Una presa d'atto già anticipata dal presidente Mattarella, tra eleganti hostess della Coldiretti e rappresentanti nazionali dell'organizzazione - come si ricorda ancora nel libro della Simonetti - tuonando da Roma pochi giorni dopo l'incendio del Ghetto di Rignano Garganico e sollecitando il legistatore sul tema così scottante: "Gli ultimi tragici eventi hanno fatto emergere una piaga che deve essere eradicata. Desidero esprimere il mio sostegno all'impegno della vostra associazione e a quanti sono coinvolti nella lotta al caporalato, che colpisce i soggetti più deboli, come donne, bambini e cittadini stranieri. Le iniziative legislative rappresentano una risposta dovuta, che si spera possa andare a buon fine".

La storia s'incrocia con quelle degli altri due pugliesi insigniti del riconscimento presidenziale: Maria Rosa Volpe, che tutti chiamano "Mamma Rosa" (sempre col biberon in mano per sfamare i piccoli profughi stremati di Lampedusa), campionessa di nuoto a cui venne diagnosticato il diabete mellito di tipo 1 all'età di 5 anni, e che da Ispettore capo della Polizia di Agrigento ha fatto della malattia uno stimolo per insegnare ai ragazzi a superare limiti e paure.

E Ottavio Daniello Trerotoli, Vigile del Fuoco di Bari, intervenuto durante il disastro ferroviario in Puglia del 24 luglio scorso, sulla tratta Andria-Corato, che con tenacia e pervicacia tenne in vita la speranza, riuscendo a salvare tra e dalle lamiere il piccolo Samuele, un bimbo di sei anni che era rimasto imprigionato all'interno di un vagone.

"Scoprire lo sport è stata una rinascita”, racconta Monica sul sito web "Volando sulle onde della vita". "Pian piano è cresciuta in me la voglia di reagire alla malattia, che in precedenza mi faceva sentire inferiore ai compagni di squadra. Credevo di non potercela fare, avevo un problema che loro non avevano, spesso stavo male e mi sentivo debole, però mi piaceva nuotare. Lo sport è stato ciò che mi ha aiutato a superare il senso di inferiorità e di diversità”. Il passo più difficile è stato ottenere un certificato medico per l'attività agonistica: “Sono entrata a far parte di una squadra master della provincia di Brindisi ed ho gareggiato con atlete con la mia stessa passione per lo sport, ma non con il mio ‘problema’. Questa è stata la mia più grande vittoria. Ho partecipato a diversi campionati regionali e nazionali. Ho vinto diverse medaglie e la cosa mi ha reso felice”.
(gelormini@affaritaliani.it)
La foto di Monica Priore in piscina è di marco Gargiulo