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Roma
Alien è ancora dentro di noi. In un libro i segreti della saga del terrore

di Patrizio J. Macci

Quaranta anni dopo Alien fa ancora paura. Anzi continua a terrorizzare gli spettatori di tutto il mondo con le sue urla nello spazio che nessuno può sentire. Lo racconta in un volume accurato e ricco di immagini il giornalista Stefano Cocci “Alien - Misteri, inquietudini e segreti del film cult di Ridley Scott” (Ultra Edizioni) nel quale la saga dell’alieno mostruoso viene, è il caso di dirlo, sviscerata nei minimi dettagli.

Il primo film della saga costò 11 milioni di dollari e ne incassò 78 solo negli Stati Uniti che, aggiornati alla valuta corrente, corrispondono a quasi 300 milioni di dollari. Complessivamente la saga ha fruttato oltre un miliardo e mezzo di dollari, tre sequel sono stati girati tutti con protagonista Sigourney Weaver. Poi ci sono due spin off con un’altra saga horror fantascientifica di grande successo.  Il regista del primo Alien Ridley Scott fu “meticoloso e attento, disegnò gli storyboard e l’impianto visivo da lui tratteggiato divenne quello che contraddistinguerà Alien per quattro decenni”. Li preparò in tre settimane e mezzo. Grazie a essi il budget del film venne raddoppiato da 4,2 milioni di dollari a 8,4.

I dettagli inediti raccontati da Cocci svelano, tra l'altro, come il disegnatore della creatura HY. R. Giger ebbe carta bianca in tutto e per tutto, riuscendo a dispiegare la sua creatività ai massimi livelli nonostante le limitazioni dell’epoca. Non bisogna dimenticare che la computer graphics era inesistente e sarebbe stato impossibile correggere gli errori in post produzione, motivo per cui Scott usò così spesso tanto fumo, primi piani e immagini ritrasmesse da camere indossate dai protagonisti del film. L’analisi a posteriori di come fu costruito il set dell’astronave dimostra come nulla fu lasciato al caso nelle intenzioni degli autori: “il ponte di comando era claustrofobico, con un tetto molto basso e console di comando poste anche sopra la testa, come le cappelliere. Ogni bottone o leva aveva una funzione e attivava qualche dispositivo. Il realismo era così spinto che la Nostromo fu costruita in sequenza e collegata, cosicché era possibile entrare nella sala macchine, passare per l’infermeria e arrivare alla mensa, attraversando tutti i corridoi, ciò per consentire al cast di viverla e percepire quasi addosso la presenza delle pareti e del soffitto. Sembrava davvero di essere nello Spazio e non nel grande hangar degli Shepperton Studios”.

Lo sceneggiatore O’Ban scrisse decine di pagine che tratteggiavano la protagonista femminile al di fuori di quello che poi sarebbe entrato nella narrazione filmica. Facendo un rapido computo in anni spaziali sono 259 anni che lei e la creatura si inseguono con nuclearizzazioni, clonazioni, distruzioni di pianeti e astronavi. E' l’equilibrio della paura più lungo della storia del cinema.

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