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Roma
Amatrice, ecco la frattura della terra che ha sconvolto il centro Italia

Ecco la faglia di Amatrice. Quella ferita nella terra che è costata 290 morti, dieci persone che ancora non si trovano e il lungo elenco dei feriti.
Quella frattura, segno inequivocabile della distensione della terrea, i tecnici dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia la conoscevano e ora la stanno studiando.
Sono molte le squadre di ricercatori, tecnologi e tecnici dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) - sedi di Roma, Ancona, Grottaminarda, Bologna, Pisa e Milano, che sin dalle prime ore dopo il terremoto di magnitudo 6.0 della notte del 24 agosto in Italia centrale si sono recate  nell’area epicentrale per studiare più da vicino quanto stava accadendo. L’obiettivo, intervenire prima possibile per:
Studiare la distribuzione degli aftershocks che si sono verificati dopo la scossa principale al fine di delineare le caratteristiche delle faglie. Nelle ore e nei giorni successivi si attivano altre faglie. La sismicità inizia a interessare un volume crostale più esteso e diventa sempre più difficile individuare quale sia la faglia responsabile del terremoto.
Effettuare i rilievi geodetici,  geologici e geochimici. I rilievi tempestivi sono fondamentali per capire meglio le deformazioni e gli effetti sul terreno direttamente legati alla scossa principale, e per discriminare tra questi e i fenomeni secondari (deformazione post-sismica, frane e distacchi, ecc.).
Fino a questo momento la rete sismica mobile ha installato nell’area quindici nuove postazioni dotate di sismometri e accelerometri che, unite alle stazioni sismiche permanenti della Rete Sismica Nazionale (RSN) permetteranno di monitorare e studiare meglio il fenomeno in corso.
Nella giornata del 27 agosto) sono state installate altre due stazioni sismiche nel settore meridionale, verso la zona di Campotosto in Abruzzo.Tre ulteriori postazioni sismiche sono state messe in funzione nella zona di Montereale in provincia di Rieti dal gruppo che studia gli effetti “di sito”, ovvero come le onde sismiche vengono amplificate dalla conformazione geologica locale.
I dati acquisiti con questi esperimenti sono molto importanti per capire la risposta dei vari terreni alle sollecitazioni sismiche e sono quindi utili per gli studi di microzonazione sismica, necessaria per pianificare le nuove costruzioni e per gli adeguamenti di quelle esistenti. Sono in corso di installazione ulteriori strumenti per caratterizzare altre situazioni geologiche critiche, come il passaggio da un’area di roccia a un bacino alluvionale e altro.
Altra preziosa fonte di dati per ricostruire le caratteristiche delle faglie e delle deformazioni del terreno proviene dai dati geodetici. Alcune squadre dell’Ingv si sono recate sul posto per effettuare delle misure GPS (Global Positioning System) di capisaldi che erano stati misurati in precedenti campagne prima del terremoto del 24 agosto. Nuove postazioni GPS sono state allestite per mappare la deformazione post-sismica: quella lenta che avviene sempre dopo terremoti di questo tipo e che fornisce indicazioni importanti per caratterizzare le faglie e la crosta terrestre.
Infine, alcune squadre di ricercatori e tecnici dell’Istituto, in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile (DPC), sono al lavoro da giorni per uno studio di dettaglio dei danni rilevati sugli edifici.

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