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Roma
Asl e tangenti: indagati Angelucci e Simeone per istigazione alla corruzione

Era gennaio 2018 quando un’inchiesta avviata dalla Procura aveva portato a dieci gli indagati, tra cui il deputato di Forza Italia Antonio Angelucci per istigazione alla corruzione e suo figlio Giampaolo per tentata estorsione. La Corte dei Conti aveva obbligato il San Raffaele di Cassino a restituire 31 milioni di euro per aver fornito prestazioni inferiori a quelle previste dal Ministero della salute.

Il Pm Fava sempre con l’accusa di corruzione aveva iscritto anche molti altri: Giuseppe Simeone, consigliere regionale di FI e presidente della commissione Sanità; Renato Alberto Mario Botti, direttore generale della Sanità del Lazio e in precedenza dg della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor; Vitaliano De Salazar, direttore della Asl Roma 3; Antonio Vallone, amministratore delegato della Tosinvest; Ferruccio Calvani, Giovanni Luca Pica, Massimo Colonello e Giuseppe Stasi.

L’inchiesta è solo all’inizio e le eventuali illiceità sono tutte da confermare quindi. L’avvocato Pasquale Bartolo, difensore di Angelucci nega che la clinica abbia concesso condizioni favorevoli grazie a tangenti: «Abbiamo raggiunto un accordo compensativo tra le parti. Avevamo dei crediti verso l’Asl a cui abbiamo rinunciato. Si tratta di circa 48 milioni di euro. Tra l’altro l’accordo, prima di essere firmato, è stato sottoposto al vaglio della procura generale della Corte dei Conti». L’altro motivo di indagine riguarda le modalità di accertamento attuate dalla Regione Lazio per verificare il tipo di servizi riabilitativi forniti dal San Raffaele di Cassino. La Procura sospetta che la clinica abbia riscosso somme superiori al dovuto.

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