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Roma
Atac: audio choc di un autista: “Non conosciamo le strade, qui è un inferno”

Atac, lo sfogo via audio di un'autista di bus che racconta le condizioni di lavoro massacranti, i turni impossibili, i mezzi strapieni e percorsi inventati col navigatore del telefonino, perché l'azienda non dà il tempo a chi guida di imparare il percorso da capolinea a capolinea. E c'è qualcuno, disperato, che è sceso dal bus pieno e lo ha abbandonato, oppure lo ha riportato pieno di gente al deposito e se n'è andato a casa.

Se i viaggiatori vivono un'inferno quotidiano, anche gli autisti non se la passano meglio. E sul banco non solo sale l'organizzazione aziendale, ma anche i sindacati inerti di fronte a una riorganizzazione del lavoro che “porta a guidare per 6 ore consecutive”, a “rimbalzare da un capolinea all'altro con tempi di percorrenza assurdi, a tal punto che il ritardo è quasi una certezza ma non nella tabella. Così neanche il tempo di arrivare, che devono ripartire e già sono in ritardo”.

Descrive un'azienda allo sfascio

Il quadro che emerge dall'audio spedito in una chat riservata di “colleghi” è desolante. Tratteggia con il classico slang romanesco un'azienda alla disperata ricerca di fare servizio, di percorrere avanti e indietro per la città, dal centro alla periferia, quei chilometri che sono imposti dal Contratto di servizio col Comune di Roma e che per Atac rappresentano l'unica strada per evitare a dicembre il fallimento definitivo.

I bus sono in ritardo già da tabella di percorrenza

Così le tabelle si “truccano”, comprimendo i tempi di percorrenza da un capolinea all'altro, incuranti del traffico e che a ogni fermata la sosta è dilatata per permettere a un povero disgraziato per volta di tentare di salire su un mezzo strapieno. Ma l'importante è fare chilometri, fregandosene dei passeggeri e dimenticando la qualità minima di chi lavora. “Atac è un inferno, qui è una barbagia” sintetizza l'autista nell'audio choc – 50 giorni di lavoro 50 linee diverse e la 766 manco me la ricordo più, poi ci sono 50 linee, poi le notturne. Te buttano in mezzo al mare di Roma e te devi ricordà tutto a memoria. Ieri ho guidato con Waze davanti. Ma che me frega”.

"Ma il 27 pagano. e chissenefrega, qui è un inferno"

La fine del durissimo e accorato sfogo è esemplare: “Qui te dicono che conviene perché il 27 (giorno di paga) è il 27. Ma chissenefraga del 27, io me ne torno al privato che pagava sempre e mi faceva lavorare meglio. E questi ce stanno pure “affà er concorso”.. ma qui è tutto uno schifo”.

La replica dell'azienda è scontata

Come replicherà l'azienda? Semplice: dirà che si tratta di un caso isolato, aprirà un'inutile inchiesta cercando di ricostruire nome e cognome del dipendente “infedele” autore dello sfogo, minacciando poi sanzioni disciplinari sino al licenziamento. Un film già visto che vede la qualità del lavoro e la qualità del servizio all'ultimo posto.

Ascolta l'audio choc di un autista Atac

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