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Roma
Atac commissariata: il bluff dei senatori. Casse vuote, M5S sotto attacco

Per l'Atac si prepara la fine più ingloriosa che ci si poteva aspettare: baracca e burattini in mano alle Ferrovie senza neanche una gara e con l'incubo di dover portare i libri in tribunale.

 


La manovra a tenaglia per togliere il controllo della più grande azienda dei trasporti d'Italia al Comune di Roma è partita con uno strano ordine del giorno, votato martedì dal Senato. Alla seconda votazione la “camera” che rischia di sparire in caso di vittoria sì al referendum del 4 dicembre, si è accorta che a Roma esiste il trasporto pubblico, che servizio e conti di Atac sono devastati e che la legge dice che nel 2019 il servizio dovrà esser emesso a gara e che questa società così organizzata non avrà neanche i requisiti per partecipare.

Letto così, l'ordine del giorno approvato cn 181 sì, 49 no e 9 astenuti suona come una colossale operazione di salvataggio dei trasporti romani, poiché impegna il Governo, "se sussistano condizioni per porre in essere procedure idonee a sostenere il rilancio dell'azienda anche attraverso procedure straordinarie" e a valutare "possibilità di collocare temporaneamente la partecipazione di Atac all'interno di un organismo statale dotato delle necessarie competenze affidando contestualmente a una struttura tecnica scelta ad hoc il compito del risanamento industriale e patrimoniale dell'azienda".

Poi c'è un'altra chiave di lettura ed è quella chiaramente politica che vede un pezzo del Pd insieme a Forza Italia brigare per sottrarre il controllo della società al Comune di Roma che, da Alemanno in poi, ha sempre considerato la “cenerentola” una fabbrica di posto di lavoro e una centrale di appalti succulenti. Eppure sotto “l'egida” di Ignazio Marino sembrava che la barra fosse tornata dritta, poi è arrivato il Commissario Tronca che ha spedito il ferroviere Rettighieri a battagliare contro i sindacati per indebolire lo strapotere e il controllo ma ha pensato poco e male al servizio. Tant'è che solo da fine agosto il disastro delle metropolitane abbandonate senza cura né manutenzione ha avuto un inizio di inversione di tendenza e un'iniezioni di liquidità per rabberciare treni e gallerie.

Ma è col Comune di Roma governato dal Movimento Cinque Stelle che l'azienda sanguinante riceve la coltellata mortale. L'errore che costerà caro all'M5S è quello di aver passato la mano sulla vendita degli immobili a garanzia dei prestiti bancari. Come spesso accade il “populismo” ha avuto la meglio sui piani già approvati dal Comune per rimettere in ordine i conti e così i depositi inutili sono rimasti nel patrimonio e una delibera bizzarra ha fatto sì che la quota di fine anno del contratto di servizio fosse destinata alle banche per placare la sete di interessi ed evitare il tracollo. Di fatto l'assessore Linda Meleo ha solo spostato a gennaio il problema di cassa e si è così esposta all'attacco politico.

Sia chiaro: l'ordine del giorno votato dal Senato è un documento inutile e non produce alcun affetto, se non quello di aumentare la precarietà dell'azienda, ormai ostaggio della politica. Si è visto chiaramente in occasione dell'ultimo sciopero proclamato dall'Usb, quando nella fascia serale hanno chiuso tutte le metropolitane.


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