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Roma
Corna, chat, ripicche: benvenuti al circo. Le mille stranezze dei divorzi all'italiana

di Patrizio J. Macci

Un libro che si può leggere come un romanzo, uno spaccato del nostro Paese e dei mutamenti sociali che lo stanno attraversando, oppure tentare di vedere meglio di qualsiasi pellicola immaginabile sull'argomento.
È il volume di Gian Ettore Gassani, “Vi dichiaro divorziati”, edizioni Imprimatur, 2015, pp. 281, un dipinto a tinte fosche che affronta la nota stonata della musica familiare di milioni di italiani: il divorzio.
Un "mondo di sotto" lastricato di carte bollate, tribunali, abitazioni, soldi. Un inferno di lacrime e dolori. E di stranezze.
Gettando uno sguardo alle statistiche balza immediatamente all'occhio un dato: il venti per cento di quanti chiedono la separazione o il divorzio sono persone che hanno superato i sessantacinque anni di età. I soggetti in questione, interrogati sul motivo della decisione di rompere il legame matrimoniale, asseriscono convinti di volersi ricostruire una vita.
Ma c'è di tutto nel "circo barnum" del divorzio: ci sono anche ottantenni, per lo più uomini gonfi di soldi e di farmaci miracolosi per ripristinare la virilità perduta, che organizzano a mente fredda la rottamazione giuridica della moglie per rincorrere donne che a malapena potrebbero essergli figlie.
Poi c'è il novantunenne che decide di separarsi dalla moglie per riconquistare la sua libertà; coppie che vanno in frantumi per una chat, alla ricerca di amori o avventure sulla rete fino a consumare la loro vita, e il loro matrimonio, vivendo nella virtualità; madri che “scoprono” di voler essere mamme “a rate” e padri che architettano la più misera e becera delle strategie per potersi rifare una vita con una ragazza giovanissima pronta a giurare eterno amore. Storie che si consumano, lentamente e inesorabilmente, come il conto in banca che viene prosciugato a causa di frequentazioni prolungate con le slot machine: famiglie ridotte sul lastrico, figli costretti a interrompere gli studi per cercare un lavoro e aiutare i genitori a sopravvivere, madri vittime di mariti-orchi e padri separati costretti a vivere in un garage prestato da qualche amico, a ricorrere alla mensa della Caritas a cena, per poi mettersi la cravatta e andare in ufficio il giorno dopo.
E poi le violenze, quelle fisiche e psicologiche, che non conoscono genere, età, estrazione sociale, geografia. Figli spesso usati come “bottini di guerra”, “merce di scambio”, arma di rivalsa contro il coniuge.
Niente tecnicismi, ma un saggio romanzato che fotografa l’Italia racchiusa tra le mura domestiche: come cambiano i rapporti, come mutano i matrimoni e gli addii, le famiglie e i genitori. Dal riconoscimento del diritto dei figli alla bigenitorialità (nel 2006) alla legge 219/12 che abolisce le differenze tra figli nati nel matrimonio e quelli nati da coppie non sposate; dalla legge 55/2015 che consente il divorzio breve alla legge 162/14 che introduce il “divorzio fai da te” (negoziazione assistita); dal divorzio breve della Chiesa alla sintesi del “genitore 1” e “genitore 2” che, in alcuni contesti, sembra aver prevalso sul tradizionale “padre” e “madre”. E’ un’Italia che cambia, anche se spesso il legislatore non se ne accorge e l’immagine del Paese tradizionalista ad oltranza sembra rimpicciolirsi sempre più. I numeri parlano chiaro. Il 30% delle separazioni avviene a causa delle chat di whatsapp e facebook. Il matrimonio non è più un’istituzione incrollabile: ogni anno sono centomila i bambini che nascono da coppie di fatto.
Nel 2013 i matrimoni sono stati meno di 200mila: erano 430mila nel 1974. Dal 2010 le separazioni e i divorzi hanno numeri costanti: una media di 88mila le prime, di 53mila i secondi, mentre sono 30mila le coppie di fatto che ogni anno scoppiano. La differenza tra Nord e Sud è abissale: 400 separazioni ogni 1000 matrimoni al nord contro i 200 al sud. Mediamente ci si separa dopo sedici anni di matrimonio e si divorzia dopo diciannove. La cosiddetta crisi del settimo anno si attesta al 9,3% delle separazioni. Nel 70% dei casi, i matrimoni misti finiscono in tribunale: l’affidamento condiviso dei figli viene disposto nove volte su dieci e l’assegno di mantenimento dei figli lo versa, nel 94% dei casi, il padre. L’importo medio è di 521 euro per i figli e di 492 euro per l’altro coniuge. Nel 58,2% delle separazioni la casa coniugale è assegnata alla moglie. Si fa in media un figlio per coppia: le nascite sono per lo più incrementate dagli stranieri.
Numeri che impongono un ripensamento a livello legislativo rapido e importante, che sia in linea con i mutamenti che la nostra società sta conoscendo.
Un volume che tutti quelli che stanno per unirsi in matrimonio dovrebbero avere l'accortezza di leggere prima attentamente.

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