A- A+
Roma
Coronavirus: “Di Maio pensa solo all'economia. Ignorate le ambasciate cinesi”

di Cristina Grancio *

Da oltre un mese e mezzo la nostra Ambasciata a Pechino pubblica comunicati dai quali è facilmente comprensibile la gravità sanitaria in Cina del Coronavirus, mentre il nostro Ministro degli Esteri si è preoccupato di salvaguardare esclusivamente gli effetti collaterali economici del virus.

 

In questa maniera ha sottovalutato gli alert sulla salute che provenivano dall’oriente, che avrebbero consentito di fronteggiare la situazione con la giusta consapevolezza da parte dei cittadini italiani e delle istituzioni.

Letto prima il decreto della Presidenza del Consiglio dell’8 marzo 2020 n.11 quindi l’ultimo del 9 marzo, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale, mi sono posta essenzialmente due domande. La prima, se saranno sufficienti queste misure o se debbano essere più rigide come ha adottato con successo la Cina con la chiusura di negozi, uffici e trasporti. Ritengo debbano essere adottate misure più rigide di quelle adottate nell’ultimo decreto, le ragioni si possono individuare nel seconda domanda che mi sono posta: come sia stato possibile arrivare a questa situazione quando già la Cina è stata per due mesi teatro di questo virus? In Italia sembra che quello che è successo in Cina non sia mai accaduto e che l’Italia stia sperimentando per prima sui propri cittadini la diffusione del virus.

Racconto un episodio apparentemente banale di vita quotidiana, accaduto venerdì, che induce ad una riflessione: nel mio quartiere il classico negozio di cartoleria e prodotti per la casa gestito da cinesi, aperto tutto l’anno, domeniche comprese, comunicava che avrebbe chiuso il negozio sino a fine mese, sorpresa per quanto anticipatomi domandavo se la scelta era dettata dal calo di vendite per la triste diffidenza che aleggiava in città nei confronti dei cinesi. La risposta è stata che la chiusura era dettata esclusivamente da volontà di rimanere a casa per il pericolo di esser contagiati. Si trattava una prudente quarantena volontaria e da indicazioni provenienti dal loro Paese.

Possibile che il cartolaio cinese sia più informato di un Ministro degli Esteri, mi sono domandata. Il nostro ministro degli esteri Luigi Di Maio che fine ha fatto? Forse Di Maio non si è calato nel ruolo di Ministro degli esteri rimanendo aggrappato a quello che ha svolto per arrivare agli accordi economici con la Cina di quando era vicepremier e ministro del lavoro?

La nostra ambasciata a Pechino il 23 gennaio iniziava a pubblicare i primi comunicati stampa ai nostri connazionali in Cina con ritmi e contenuti inquietanti, perché da fine gennaio in poi è un susseguirsi di “bollettini di guerra”: chiusi gli uffici pubblici, sospesi i mezzi di trasporto pubblico, mettono a conoscenza delle130 strutture ospedaliere designate dalle autorità locali alla cura ed al trattamento degli stati febbrili e della polmonite da corona virus nella sola provincia di Heilongjiang che conta poco più della metà della popolazione italiana, era il 5 febbraio e seguiranno poi altre centinaia di strutture a disposizione del coronavirus in altre varie provincie.

Non solo qualcosa trapelava anche dall’informazione televisiva, ma tutto, con la consuetudine del farla sembrare una vicenda lontana che riguardasse altri. Purtroppo lo stesso messaggio semplicistico sembra essere stato fatto proprio anche dal nostro ministro che una volta individuato il primo caso (21 febbraio), non si è fatto portavoce del pericolo sanitario che si stava diffondendo in Italia e  non ha alzato l’allerta. Il 27 febbraio il ministro Di Maio, infatti, si preoccupava di dire:“Ieri al Consiglio dei ministri ho portato un piano specifico che punta ad informare correttamente tutti gli Stati esteri sul reale andamento delle cose in Italia. Il compito del ministero degli Esteri è anche questo. Abbiamo messo in sicurezza tutti i nostri connazionali che erano all’estero, ora dobbiamo pensare ad arginare la diffusione all’estero di notizie imprecise o addirittura false che si stanno propagando in questi giorni. Più fake news vengono diffuse e più danni, anche a livello economico, subisce il nostro Paese.”

Forse oggi potevamo trovarci in una condizione differente in termini di pericolosità se le restrizioni fossero state imposte 20 giorni prima?

* Cristina Grancio, consigliere DemA Gruppo misto

Iscriviti alla newsletter
Tags:
ambasciate cinesicoronaviruscristina granciodecreto governodi maioeconomiaministro degli esteri






Il mondo al contrario: ecco il libro nato da una fiction. Lo firma Cammerata

Il mondo al contrario: ecco il libro nato da una fiction. Lo firma Cammerata


Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

© 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

Contatti

Cookie Policy Privacy Policy

Cambia il consenso

Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.