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Coronavirus, guariti e poi di nuovo positivi: l'odissea per un contagiato su 5

Guariti dal Coronavirus e di nuovo positivi al Covid-19: l'odissea della reinfezione al virus riguarda un paziente contagiato su cinque. Nonostante infatti il tampone molecolare certifichi la guarigione, dopo pochi giorni, si può risultare nuovamente infetti, anche in totale assenza di sintomi.

L’osservazione, frutto della collaborazione tra medici, ricercatori e docenti della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dell’Università Cattolica, campus di Roma, è pubblicata come research letter su JAMA Internal Medicine di questa settimana. “Al momento non è dato sapere se questi pazienti siano contagiosi e vadano dunque di nuovo quarantenati, perché il test molecolare non è l’equivalente di una coltura virale e, dunque, non consente di appurare se nel campione prelevato dal naso-faringe dei pazienti sia presente virus vitale e, di conseguenza trasmissibile”, spiega il professor Maurizio Sanguinetti, Ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. La rilevazione del cosiddetto RNA replicativo virale viene proposto dagli autori come un indicatore della presenza di virus vitale e potenzialmente trasmissibile, ma saranno necessari ulteriori studi per stabilire se tali pazienti possano effettivamente trasmettere il virus.

Lo studio è stato effettuato su 176 pazienti guariti dal COVID-19 e seguiti da aprile a giugno presso il Day Hospital post-COVID della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, coordinato dal professor Francesco Landi. La guarigione era stata precedentemente valutata sulla base dei seguenti criteri: assenza di febbre per 3 giorni consecutivi, miglioramento degli altri sintomi, 2 tamponi molecolari per SARS CoV-2 RNA negativi a distanza di 24 ore uno dall’altro. Nel corso del follow up (effettuato a distanza di circa 50 giorni dalla diagnosi di COVID-19), i campioni naso-faringei di questi pazienti sono stati analizzati per la presenza sia dell’RNA virale totale (genomico) sia dell’RNA virale replicativo (subgenomico).

“La presenza di RNA replicativo nei campioni – prosegue il professor Sanguinetti - è stata utilizzata come indicatore di replicazione virale in atto. Nei pazienti risultati positivi per RNA totale, sono stati di nuovo analizzati i campioni ottenuti al tempo della diagnosi di COVID-19 (che erano stati conservati a -112 F°), andando a ricercare la presenza di RNA replicativo. Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti a test sierologico per le IgG/IgA specifiche del virus. Tra i 176 pazienti guariti, 32 (quasi 1 su 5) sono risultati positivi per l’RNA totale di SARS CoV-2, seppure a livello variabile. Solo uno di questi, tuttavia, è risultato positivo anche per l’RNA replicativo di SARS CoV-2. Sono stati rianalizzati i campioni ottenuti dai pazienti al momento della malattia e, come previsto, sono risultati tutti positivi per l’RNA replicativo di SARS CoV-2”.

Tutti i pazienti risultati nuovamente positivi (con un’unica eccezione) e tutti gli altri pazienti negativi al tampone di controllo presentavano un test sierologico positivo al follow-up. L’unico paziente risultato positivo sia per RNA totale che replicativo è diventato positivo a distanza di 16 giorni dalla guarigione (e dopo 39 giorni dalla diagnosi iniziale di COVID-19); si tratta di un soggetto anziano con ipertensione, diabete e malattia cardiovascolare, che presentava al follow up una sintomatologia compatibile con COVID-19. “Tutti questi dati fanno sospettare che si tratti per questo paziente di una reinfezione o recidiva di infezione - commenta il professor Sanguinetti - mentre per i restanti 31 pazienti (tutti asintomatici) risultati positivi solo per RNA totale, è più probabile che si tratti di una eliminazione di frammenti di RNA virale, a seguito di risoluzione dell’infezione”.

“Questo studio conferma l’utilità di eseguire un accurato follow up dei pazienti guariti da COVID-19 e rafforza il concetto che le reinfezioni nei pazienti guariti da COVID-19 sono rare – conclude Sanguinetti -, sebbene in presenza di positività al test molecolare ‘convenzionale’ (che rileva l’RNA totale di SARS CoV-2). Pertanto, la ricerca dell’RNA replicativo di SARS CoV-2 potrebbe aiutare a risolvere il dilemma circa la reale infettività dei pazienti guariti da COVID-19 che ritornano a essere positivi per l’RNA di SARS CoV-2”.

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