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Roma
Coronavirus, paura da contagio: stravolte le menti di medici e infermieri
(fonte Lapresse)

Coronavirus, ansia e panico da contagio stanno devastando le menti di medici, infermieri, casalinghe, studenti e familiari di morti Covid. Un incubo, fatto di traumi e paure, che non fa distinzioni e che sta mettendo a repentaglio la psiche di buona parte degli italiani. Lo psicoterapeuta racconta due mesi di paura.

A capo del progetto, Rinaldo Perri, psicoterapeuta e ricercatore di neuropsicologia all’Università Niccolò Cusano, e Antonio Onofri, psichiatra dell'Ospedale Santo Spirito e del centro clinico De Sanctis di Roma

Ecco la storia di Francesca, romana, quaranta anni

“Nel mese scorso la donna – racconta il dottor Perri – ha incontrato al supermercato il suo ex, un uomo con cui aveva avuto una turbolente storia d'amore. Speranzosa di poter rimettere insieme i pezzi vista la cordialità dell'incontro, dopo pochi giorni lo ha ricontattato. Qui ne è nato un nuovo rapporto telefonico tra i due, vista l'impossibilità di incontrarsi fuori casa, che però ad un certo punto si è interrotto. Di punto in bianco infatti l'uomo ha smesso di rispondere a Francesca, sparendo nel nulla. Dopo 25 giorni la telefonata alla donna: era la polizia che le comunicava la morte dell'uomo per Coronavirus. L'uomo era stato trovato senza vita in casa circa 20 giorni dopo la morte e, visto che il corpo era già in stato di decomposizione e che l'uomo non aveva familiari stretti, la polizia ha chiesto a Francesca di riconoscere il cadavere. Da quel giorno alla donna è cambiata la vita: ha indelebile in testa l'immagine del corpo senza vita dell'uomo che amava, ha continui flashback ed incubi. Ma la cosa ancora più importante che è tutt'ora oggetto di nostri studi, è che ha smesso di mangiare carne, non riuscendone più né a toccarla né ad odorarla. Francesca ci ha contattato perché divorata da queste fobie”.

La storia di Alessandro, 40enne romano che ad aprile ha portato suo padre al pronto soccorso perché aveva febbre e difficoltà respiratorie: fatto immediatamente il tampone

I medici confermano ad Alessandro che il papà era positivo al Covi-19 e che sarebbe stato ricoverato. Non lo vedrà più: dopo pochi giorni il papà muore ed ad Alessandro restano così solo le ceneri e un cuore spezzato a metà. “I sensi di colpa per aver abbandonato il padre al pronto soccorso stanno distruggendo Alessandro”, spiega ancora Perri”.

Poi ci sono le storie che riguardano il personale sanitario. È il caso di una infermiera di un noto ospedale romano: “Una persona tutta d'un pezzo con 10 anni di esperienza al pronto soccorso e 5 in rianimazione – prosegue lo psicoterapeuta – e che già in passato aveva avuto a che fare con patologie contagiose. Al primo caso di Covid nella sua struttura, per l'infermiera è stata la fine. Continui attacchi di panico, difficoltà respiratore e tutti i sintomi del Coronavirus che si manifestavano. Ma era tutto un problema di testa perché la signora è risultata negativa a tutti tamponi effettuatigli. Quello che la ha abbattuta è stato il fatto di non capire il motivo per cui si sono manifestate tutte questi attacchi di panico improvvisi”.

Stessa storia per un medico romano trasferitosi per l'emergenza Coronavirus in Toscana. Qui è stato reclutato per dare una mano nelle terapie intensive ma, al primo contatto con un positivo, sono iniziati falsi sintomi, flashback e incubi in cui vedeva solo pazienti intubati. A peggiorare la sua situazione ci si è messa anche la precarietà del suo lavoro, la situazione politica attuale e il fatto che si trovasse da solo in una regione che non conosceva.

Infine c'è un caso emblematico che mette in luce le difficoltà domestiche della quarantena. “Una donna, positiva al virus, ci ha contattato per chiederci aiuto riguardo alla sua situazione delicata – aggiunge ancora Perri –. La donna vive da sola con il fratello paziente psichiatrico che, una volta appurato il contagio della sorella, è stato sottoposto a quarantena obbligatoria vedendo così annullate tutte le terapie che stava seguendo. Per la donna è iniziato l'inferno perché il fratello ha cominciato ad insultarla, ha spaccare i mobili di casa arrivando talvolta anche ad alzare le mani impazzendo completamente. Il nostro aiuto in questo caso è stato doppio: sia un supporto alla donna, annientata dal continuo combattere con il fratello, sia all'uomo che si era ritrovato senza uno psicologo che lo potesse seguire e tranquillizzare”.

Nelle prossime settimane, una volta terminato il progetto, tutte le storie raccolte da psicologi e psicoterapeuti daranno vita ad una relazione in grado di elencare tutte le patologie, e le conseguenti soluzioni, ai traumi psicologici legati al Coronavirus.

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