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Roma
Covid, guerra e rincari: nel Lazio chiusi 20 mila negozi: la crisi è nerissima

“I negozi a Roma e nel Lazio hanno subito la crisi causata dalla pandemia e poi dagli eventi bellici che hanno riguardato l’Ucraina con il conseguente rincaro dell’elettricità. Abbiamo calcolato che con il Covid hanno chiuso nella regione oltre 20 mila esercizi commerciali”.

È il commento del presidente di Confesercenti Roma, Valter Giammaria, sulle continue chiusure di negozi che si registrano dal centro alla periferia della capitale. L’ultimo caso in ordine di tempo è l’annuncio della chiusura della storica libreria Odradek, in via dei Banchi Vecchi, in pieno centro storico, colpita dalla crisi economica dopo 25 anni di attività.

Via Nazionale: una sfilza di negozi ancora chiusi

“In via Nazionale, una delle strade dello shopping romano  – ha spiegato Giammaria – ci sono ancora tra i 25 e 30 negozi chiusi. Non esiste un settore prevalente in crisi: passiamo dalle librerie colpite soprattutto dalla politica delle vendite online, ai negozi di abbigliamento fino ad arrivare agli alimentari”. “Nel periodo natalizio poi – ha sottolineato il presidente di Confesercenti Roma – è stata attivata la Ztl del centro storico della capitale, vietando l’accesso delle auto per tutto il giorno. E questo i negozianti del centro storico lo hanno risentito”

“Una delle cause delle chiusure è il calo dei consumi – ha detto Giammaria - l’aumento dei costi energetici e l’inflazione hanno portato ad una crisi generalizzata. Indubbiamente una ripresa nell’ultimo anno c’è stata, rispetto al 2020-21. Ma molti settori come l’abbigliamento, le calzature, l’intimo, il piccolo commerciante di alimentari, non reggono all’aumento delle spese”.Per il presidente di Confesercenti Roma è necessaria “una politica più incisiva con una fiscalità diversa. È ovvio che con una fiscalità del 50 o 55% poi non si riesce a pagare i costi. Pensiamo che gli affitti non sono mai diminuiti. Quest’anno abbiamo avuto più turisti di quanto si era previsto – ha aggiunto Giammaria – e questo ha portato molte imprese a reggere la crisi, ma in alcuni settori non è stato possibile. L’augurio è che nel 2023 ci sia una politica diversa e che ci sia una ripresa. Occorre anche intervenire sull’online perché se alcune piattaforme di e-commerce non pagano le tasse in Italia è chiaro che sono avvantaggiate rispetto al cosiddetto commercio di vicinato”. Sembrano reggere meglio alla crisi le cosiddette botteghe storiche.

Le botteghe storiche devono restituire il denaro dei fondi di garanzia

“Le attività storiche che chiudono – racconta Giulio Anticoli, presidente dell’associazione botteghe storiche di Roma – sono perlopiù quelle che non hanno un cambio generazionale e che, quindi, in un momento di crisi non avendo successori decidono di chiudere. Oggi le botteghe storiche della capitale – ha proseguito Anticoli – stanno affrontando il rientro del Fondo di garanzia. I soldi che sono stati prestati per l’emergenza devono ora essere restituiti e chi non ce la fa è costretto a chiudere”.

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