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Roma
Elezioni Fiumicino, Montino-Baccini: la resa dei conti. Lezioni d'equilibrismo

di Fabio Carosi

 

Fiumicino al voto: 80 mila abitanti, molti dei quali parenti-serpenti e un caso politico che si intreccia tra passato, presente e un futuro incerto.

 

Il primo turno con il passaggio al ballottaggio del sindaco uscente Montino, inseguito dal candidato del centrodestra, Mario Baccini, ha sancito una serie di capisaldi della nuova politica. Intanto la regola che le Comunali sono un mondo a parte rispetto alle Politiche e lo sa bene il Movimento Cinque Stelle che nel Comune era arrivato al 40% a marzo ed è crollato miseramente al 12%.

Poi c'è il discorso delle alleanze. L'alleanza Fdi-Lega non va oltre il 20,7% con la singolarità che vista la presenza di Fratelli d'Italia è impossibile sommare il voto con i grillini. Insomma, uniti-disuniti verso una sconfitta clamorosa, nonostante Di Maio, Salvini e Giorgia Meloni abbiamo fatto tappa a Fiumicino.

Alle urne il prossimo 24 giugno andranno il centrosinistra unito di Montino e il centrodestra “titolare” di Baccini, separati da 11,2 punti. La sondaggistica vuole che Montino si prepari a cantare vittoria, a meno che il territorio non restituisca vecchie alleanze nel segno del nuovo. Irruento come sempre, il sindaco uscente ha annunciato che non farà apparentamenti. Una non notizia, tanto per cercare spazio sui giornali visto che gli altri concorrenti a diverso titolo “volevano la sua pelle”. Ovviamente in senso politico.

E a meno che non decidano di tradire i proclami della campagna elettorale, gli elettori delle truppe sconfitte si troveranno di fronte a un bivio: riconsegnare il Comune al centrosinistra “perché continui l'opera”, oppure turarsi il naso e andare a votare altro. Vale per la Lega di De Vecchis e per i fratellini d'Italia che col patrimonio del 20 per cento potrebbero dare lo scossone al centrosinistra e passare per salvatori della Patria nel nome della ritrovata unità del centrodestra. Magari in cambio di una partecipazione diretta al progetto di Baccini in aggiunta a due telecamere di videosorveglianza, così da placare gli animi dei patiti della sicurezza. Equilibrismi difficili questi, ma la politica, si sa, è l'arte della mediazione.

Chi invece si trova nel guado tra due sponde nemiche è l'ottima Fabiola Velli. Denso il programma, grandissima l'energia ma dalle urne esce un movimentino da 3mila e 600 voti. Se la Velli organizza un rave da spiaggia invitando a disertare le urne, va contro la filosofia del Movimento; se invece lascia liberi gli elettori è come se dicesse loro di scegliere di quale morte morire; se appoggia Montino rischia di essere cacciata dal Movimento e se invece strizza l'occhio a Baccini fa una capriola a destra ma non in direzione degli alleati al Governo nazionale. Un rebus che apparentemente non ha vie d'uscita se non leggendo bene i dati delle singole liste che appoggiano i due finalisti e scoprire che il civismo - anche quello mascherato – ha avuto un risultato eccellente. Dunque, alla Comunali vince chi fa il programma che più accontenta e soprattutto vince chi mette insieme tante bandiere e porta sulla lista il maggior numero di candidati possibile con il codazzo di parenti e amici.

Se negoziato dovesse esserci, sarebbe opportuno che ci fosse sul progetto del Comune più popoloso del Lazio. Anche il più tecnicamente e potenzialmente ricco.

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