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Roma
Elezioni Roma: “Le forze della sinistra possono vincere se popolari e unite”
(fonte Lapresse)

di Andrea Catarci *

Dopo l’assoluzione la sindaca conferma la volontà di puntare alla ricandidatura, a dispetto degli esponenti del suo partito che l’avrebbero volentieri sostituita, di quanti nel Pd auspica(va)no una sua uscita di scena per replicare l’alleanza di governo, di tutti quelli che, ovunque collocati, confida(va)no più nelle sentenze della magistratura che in idee e progetti propri.

Oltre che per la diretta interessata, è una buona notizia per Roma: un epilogo per via giudiziaria avrebbe scavato l’ennesimo abisso tra sfera politica e cittadini.

La sindaca si è presa il palcoscenico dall’estate scorsa, ha moltiplicato apparizioni e inaugurazioni, si è affidata a spregiudicatezza e illusionismi. La recita prosegue in questi giorni. Alla cancellazione dei poteri speciali e dei fondi per la metro C risponde con l’annuncio di un’altra funivia, stavolta da Eur Magliana a Villa Bonelli, opponendo alla concretezza degli schiaffi ricevuti dal parlamento la fiaba della terza tratta aerea presa direttamente dalla disneysiana Raggilandia. Non basta certo un ordine del giorno che suona come la letterina a babbo natale: il Governo Conte mortifica Roma in maniera miope e autolesionista, ignorando che non c’è rilancio della penisola se non passando dalla Capitale, con la sindaca che non è minimamente in grado di difenderla soprattutto per suoi demeriti. Per esempio sul trasporto pubblico Roma Metropolitane è in liquidazione con i conti pignorati, non ci sono progetti esecutivi credibili per nessuna grande infrastruttura, sulla metro C si è recentemente siglata una proroga di 4 anni. In ugual maniera suona debole e strumentale chiedere il rafforzamento di Roma alla vigilia delle elezioni dopo averla trattata come un qualunque comune per quattro anni e mezzo, aver dimenticato i 150 anni di “capitalità”, aver rinunciato al ruolo-guida in ambito nazionale, aver mortificato la dimensione internazionale, mediterranea, di città-mondo. Nonostante tutto Virginia Raggi non è battuta in partenza e non va sottovalutata: se gli altri poli non trovano unità e si presentano divisi la sindaca si giocherà le sue chance di arrivare al ballottaggio.

Le destre sono granitiche e guardano al ballottaggio.

Il polo nazional-sovranista problemi del genere non ne ha. Sta decidendo se è meglio un politico o un rappresentante delle professioni, se privilegiare Lega o FdI, se puntare su una personalità al femminile o meno: il loro dilemma è quale profilo risulti vincente al secondo turno, il primo lo hanno già in mano. I programmi e la linea comunicativa non costituiscono un problema, ci pensano le dirigenze nazionali e i leader. Per il resto la strategia prevede ruoli definiti: le formazioni estreme aumentano l’intensità con cui soffiano sui conflitti orizzontali e quelle istituzionali raccolgono i consensi sporchi. Non è nulla di originale ma ha una presa indubbia nei settori popolari in una Roma che - provata dal covid e dilaniata da solitudini e povertà - ogni giorno di più somiglia a una polveriera.

La coalizione democratica vince se unitaria, plurale, territoriale, coraggiosa e popolare.

Diverso è il discorso per lo schieramento democratico. Si è fermi a un tavolo cittadino caratterizzato da una dinamica asfittica, mentre le bordate contro chi si è candidato rischiano di travolgere le primarie stesse. E’ urgente avviare l’iniziativa nei municipi, per consolidare le reti locali disponibili ad affrontare insieme l’importante scadenza e per organizzare le campagne territorio per territorio. Soprattutto dalle alte sfere del Pd e da qualche altro partitino però si frena, si prende tempo, si butta un occhio a Roma e uno alla possibilità di (sacrificarla in) un accordo complessivo sul prossimo giro di elezioni in città e regioni. Si trascura che il M5s romano non è solo la sindaca. In Campidoglio c’è un monocolore come in quasi tutti i municipi e ovunque, tra sbagli e bugie, si sono consumati completi fallimenti. Per questo non si può prendere in considerazione l’ipotesi di replicare l’alleanza nazionale nemmeno nell’improbabile caso in cui la Raggi lasci: lo s-governo è il prodotto della classe dirigente grillina nella sua interezza, attribuirlo alla prima cittadina e basta sa di logica da capro espiatorio.

Lo sanno le forze civiche che più si sono spese per attivare la coalizione, per cui la questione del perimetro è risolta da tempo: per superare destre e M5s servono tutti, dalle forze moderate alle realtà sociali più radicali. Altrimenti aumentano le probabilità di regalare alla Raggi la seconda posizione e di uscire dai radar prima del ballottaggio. Poi, pur nella consapevolezza che la pandemia limiterà gli incontri diretti, non si deve accettare di misurarsi esclusivamente su comunicazione e social: un’alternativa credibile o viaggia nel vivo delle questioni, del corpo sociale e dei quartieri o non è. Ancora, articolare la discussione su programmi e priorità, scegliere coraggio e discontinuità, incentivare la partecipazione, includere proattivamente i diversi mondi bistrattati nell’era che si va a concludere, lasciare il massimo di autonomia politica, culturale e organizzativa a ognuno, partito, associazione o altro che sia. E, infine, individuare la leadership in trasparenza attraverso le primarie, per avvicinarsi il più possibile a rappresentare quel che servirebbe, una figura autorevole, generosa, competente, indipendente e popolare.

C’è poco da scegliere, la strada è irta ma obbligata, scorciatoie non ce ne sono, il tempo è poco davvero. Per questo gennaio deve essere il mese delle coalizioni municipali, dell’attivazione e della programmazione operativa, delle scelte indispensabili. Le energie territoriali e la voglia di rivincita della città democratica non vanno tenuti a bagnomaria e i cambiamenti sperati per il 2021 non arriveranno dal cielo o da qualche riunione ristretta. Muoviamoci, Roma non aspetta oltre...

* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma

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