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Roma
Elezioni Roma, miracolo Berlusconi: sono tutti "suoi" candidati

di Marco Zonetti

Da anni ormai lo danno per finito. Spacciato. Rottamato. Mandato in pensione. Politicamente morto. Eppure lui è sempre lì, ogni giorno, immancabilmente, sui giornali, alla radio, alla TV e in rete, se non fisicamente almeno citato, menzionato, tirato per la giacchetta, chiamato in causa, evocato. Soprattutto nella corsa elettorale al Campidoglio, Silvio Berlusconi sembra di nuovo il convitato di pietra con cui tutti i candidati sono costretti ad aver a che fare, direttamente o indirettamente, volenti o nolenti.
Si comincia ovviamente dal suo protetto Guido Bertolaso, amico del Cavaliere e suo candidato di riferimento, se non sua diretta emanazione. Si continua con Giorgia Meloni, sua ex pupilla cui l’ex premier assegnò addirittura un ministero ad hoc e ora da lui ritenuta non idonea alla carica di sindaco in quanto incinta (e peraltro dopo un lungo e sperticato omaggio a mamma Rosa in un’intervista a Myrta Merlino, omaggio guadagnatosi la reprimenda di Massimo Cacciari).
Che dire di Virginia Raggi, aspirante prima cittadina pentastellata della capitale che si è vista affibbiare un sospetto “primo di grado di separazione” da mister B. tramite il suo legame professionale con Cesare Previti? Recentissima invece la dichiarazione di Alfio Marchini, secondo cui bisogna “recuperare lo spirito del ’93” (anno della discesa in campo di Berlusconi, ovviamente). Da non dimenticare poi il fatto che Marchini è il candidato che il Silvione nazionale ha più volte mostrato di prediligere. Roberto Giachetti, in quanto esponente del PD, è – per la proprietà transitiva tanto cara a certe urlanti opposizioni – anch’egli colpevole del Patto del Nazareno, e quindi (secondo soprattutto gli elettori della galassia pentastellata) subdolamente legato a doppio filo al Cavaliere. Patto del Nazareno, per giunta, siglato dall’allora segretario del PD Renzi con un Berlusconi che, solo poco tempo prima, era stato dato per definitivamente defunto proprio dal m5s tramite la sua pasionaria senatrice Paola Taverna.
Più di due anni più tardi, il quasi ottantenne Berlusconi fa quindi ancora il bello e il cattivo tempo nell’agone politico romano, se non italiano. Finita la sua avventura di premier, “zio Silvio” è riuscito indirettamente a far declinare a rotta di collo gli ascolti dei talk show (che un tempo, fossero di lotta o di governo, prosperavano sulla sua figura), e a far ridurre esponenzialmente i consensi di quotidiani nati e cresciuti attorno alla strenua opposizione al suo governo. Ma se per qualche tempo dopo la sua “destituzione” sembrava quasi scomparso dalle pagine politiche per occupare invece quelle dei tabloid con il gossip sulle sue nuove fidanzate, sempre più giovani, oggi pare essersi ringalluzzito e tornato a influenzare, almeno in maniera indiretta, nientemeno che la corsa alla poltrona di sindaco della capitale. Le sue apparizioni, sempre al limite dell’epifania, ultima in ordine cronologico con gli occhialoni neri stile Onassis, sono di nuovo attese dai cronisti che smaniano per nuove dichiarazioni di sostegno o di avversione a questo e a quel candidato. Per non parlare degli elettori del centrodestra romano, come quello nazionale in piena diaspora post-berlusconiana (per l’appunto), che guardano oggi più che mai alle esternazioni della loro indimenticata icona.
Lungi dall’essere stato messo all’angolo, Silvio Berlusconi è dunque vivo e vegeto e più agguerrito che mai. Nel kafkiano destino di Roma, l’influenza sulle prossime elezioni capitoline da parte del Cavaliere e la sua longevità fanno venire in mente un racconto dello scrittore praghese, “Il tormento del capofamiglia”, in cui il protagonista s’interroga inquieto su una figura soprannaturale, oggetto delle sue ansie. Ed è soprattutto l’ultima, inquietante frase del racconto di Franz Kafka che deve senz’altro corrispondere al pensiero degli alleati e degli avversari di Silvio Berlusconi, e oggi anche dei candidati sindaci di Roma: “L’idea che possa anche sopravvivermi è quasi angosciosa”.

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