Farmaci autoimmuni, la nuova frontiera dei biosimilari - Affaritaliani.it

Roma

Farmaci autoimmuni, la nuova frontiera dei biosimilari

Biosimilari, un'opportunità di risparmio per la spesa sanitaria,

Duecentoquarantatrè milioni di euro in cinque anni: è la cifra che si potrebbe risparmiare impiegando farmaci biosimilari nella cura di diverse patologie autoimmuni.  Lo ha rivelato uno studio presentato dal professor Francesco Mennini, docente di Economia Sanitaria all'Università di Tor Vergata, durante il convegno “Una risorsa innovativa per la sanità: i Biosimilari”.

Il seminario, che si è svolto presso Roma Eventi Piazza di Spagna, è stata l'occasione per fare il punto della situazione sulle opportunità che i farmaci biosimilari rappresentano per il Sistema Sanitario Nazionale. Studiosi, ricercatori, medici e scienziati si sono confrontati nell'ambito di una tavola rotonda che ha avuto come focus tematico la spesa farmaceutica tra ricerca e innovazione farmaceutica.
Ma cosa sono i biosimilari: si tratta di farmaci biotecnologici contenenti una versione della sostanza attiva di un prodotto già autorizzato nell'ambito della Comunità europea, ovvero medicinali biologici originatori non più soggetti a brevetti. Un biosimilare viene approvato quando è stato dimostrato che la sua varietà naturale ed eventuali differenze rispetto al medicinale di riferimento non influiscono sulla sicurezza o sull'efficacia per i pazienti. Attualmente le aree terapeutiche dei biosimilari sono patologie autoimmuni, diabete, nefrologia e oncologia.

 



Da uno studio dell'EEHTA del CEIS (Center for Economic and International Studies-Economic Evaluation and HTA) dell'Università di Roma Tor Vergata emerge un dato importante: “Il modello previsionale ha consentito di stimare molto verosimilmente e su scenari variabili, gli impatti economici che questa specifica categoria di farmaci garantirà sulla spesa farmaceutica dal 2016 al 2020”, spiega il professor Francesco Mennini. “In base alle analisi i risparmi potrebbero raggiungere i 243 milioni di euro”, conclude.
Un risparmio che deriverebbe principalmente da un meccanismo di concorrenza che la presenza dei biosimilari sul mercato comporterebbe, favorendo un progressivo abbassamento del prezzo dei farmaci originatori.
E cosa fare delle risorse liberate? “Devono assolutamente essere reinvestite a favore dei pazienti, quindi, sia nell'utilizzo di nuove terapie sia per migliorare il percorso di cura delle persone affette da patologie croniche”, spiega il professor Mennini.