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Roma
“La giunta Raggi prepara la campagna elettorale con i soldi dei romani”

di Andrea Catarci *

Le due facce di Roma, l’involuzione e l’effervescenza sociale: da una parte ci sono la giunta Raggi e lo schieramento di destra, che portano nella dimensione pubblica elementi di involuzione, arroganza e indolenza, noncuranti delle sofferenze diffuse.

Dall’altra ci sono gli sforzi di una città democratica, vitale e plurale, che mette al centro lo spirito di comunità, la solidarietà, i diritti, guardando a un cambiamento possibile e necessario. Sta qui la speranza per il futuro.

La giunta Raggi prepara la campagna elettorale con i soldi dei romani

Mentre l’impoverimento aumenta e molte attività fanno i conti con una ripresa oltremodo difficile, continuano a essere bloccati in Campidoglio sia i buoni spesa che i buoni affitto. Non rientra tra le loro priorità il contrasto della crisi sociale.

Non li riguarda il dramma di centinaia di migliaia di persone che hanno visto peggiorare gli standard di vita già bassi per effetto del covid19. Ritengono più importante pensare alla propria propaganda e ad aprile, in piena emergenza Coronavirus, approvano affidamenti diretti per 200.000 euro finalizzati alla creazione di una free press della Sindaca e all’acquisto di spazi promozionali su social, radio e tv. Provano ad assicurarsi le risorse pubbliche per il disperato tentativo di gettare polvere negli occhi della cittadinanza, in modo da offuscare la vista dello s-governo e puntare alla ricandidatura. Di lavoro da fare da questo punto di vista ne hanno davvero molto, dovendo occultare oltre ai fallimenti del Campidoglio quelli che stanno consumando nei municipi in cui sono stati chiamati ad amministrare nel 2016. In serie è stata la volta dei Municipi III, VIII, XI e recentemente del IV, con il vergognoso corollario della restaurazione dell’ex Presidenta Roberta Della Casa, cacciata dalla porta dal consiglio e fatta rientrare dalla finestra dalla Raggi come delegata, in spregio a democrazia e ragionevolezza. In altri territori, quando manca ancora un anno alle elezioni, le frizioni tra le diverse bande del M5s sono sull’orlo dell’esplosione, in particolare nel Municipio VII, il più popoloso tra tutti con circa 310.000 abitanti, guidato da quella Monica Lozzi che si presenta come l’alternativa interna dei grillini e non fa mistero di puntare alla carica di prima cittadina.

Le destre sperano nella disfatta e sono contro Roma

Le destre dall’opposizione non sono da meno. Per loro Roma è terreno di conquista, un tassello della battaglia politica nazionale, per la lega è persino un diversivo: più si concentra l’attenzione su capitale e governo nazionale e meno si accendono i riflettori sulla pessima gestione dell’emergenza coronavirus da parte della giunta regionale lombarda. Non sono certo interessate ai destini della città. Altrimenti non avrebbero voluto a tutti i costi quell’autonomia differenziata delle regioni che non è stata approvata solo per la conclusione del governo gialloverde e che avrebbe rappresentato un colpo mortale all’economia della nostra città, oltre che del mezzogiorno. Si preparano a giocare la partita delle amministrative del 2021 con il consueto bagaglio di demagogia e qualunquismo, con l’opportunismo sciacallesco di chi intende approfittare delle tensioni tra ultimi e penultimi della scala sociale, con punte di razzismo e cinismo, con la spregiudicatezza di occupare lo spazio politico della giornata della repubblica e con l’ipocrisia di farlo calpestando le regole di distanziamento e sicurezza, quelle che valgono per le persone comuni nonché per quei settori del commercio, dell’artigianato e del turismo che in maniera parolaia affermano di voler tutelare. Non hanno una connessione reale con la città, ne hanno dato prova nell’ultimo mese sfilando ripetutamente e arrogantemente nelle vie del centro, sia nelle componenti istituzionali che estreme: è evidente da slogan, comportamenti e dichiarazioni quanto siano a corto di strategie e mirino unicamente all'agitazione distruttiva, tifando per il tracollo e sperando di poter brindare sulle macerie del paese come della sua capitale.

L’altra Roma, quella del mondo civico e democratico, è la speranza per il futuro

Per fortuna però Roma non è solo questo. A fronte di una rappresentanza politica piuttosto evanescente, nel campo civico e democratico ci sono miriadi di esperienze che instancabilmente resistono a tanta irresponsabile ostilità e progettano un futuro migliore.

C’è una Roma solidale che organizza gli aiuti per le famiglie in difficoltà e si attrezza per continuare a farlo nel medio periodo, con la fase 1 del covid19 alle spalle, perché ce n’è un bisogno enorme. A Torpignattara, al Tufello, a Centocelle, a Torre Angela, al Quarticciolo, a Testaccio, a Garbatella e in tanti altri quartieri nessuno si è fermato e le iniziative per raccogliere beni di prima necessità si susseguono, puntando “a arrivare dove non arriva l’amministrazione pubblica”. Le reti territoriali animate dalle organizzazioni di volontariato, dalle associazioni, dai comitati e da singoli cittadini hanno coinvolto nell’azione di solidarietà numerose realtà commerciali e imprenditoriali e hanno avuto un ruolo determinante nel mantenere la coesione di molte parti dello sterminato territorio cittadino: sono in campo e determinate a restarci, nella moderna attuazione di forme di mutualismo e cooperazione indispensabili per l’oggi e il domani.

C’è una Roma che reclama reddito e dignità e, sotto la pioggia battente, non rinuncia a recarsi alle porte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Le misure e i sussidi promessi sono ampiamente insufficienti e non hanno raggiunto in maniera soddisfacente le persone in condizioni di povertà, il mondo dei precari, dei sottoccupati, dei lavoratori autonomi ridotti alla fame dalle proprie partita iva, delle variegate tipologie di collaborazione. Al contrario ci sono gli affitti e i mutui da pagare, le bollette che non smettono di arrivare, il costo della vita difficile da sostenere, una disponibilità economica ridotta all’osso, il terrore di un’estate e un autunno che rischiano di essere più ingestibile della primavera del lockdown. Eppure la piazza, con l’unico punto scoperto del viso, gli occhi, comunica determinazione e consapevolezza. Gli interventi permanenti di sostegno al reddito, sollecitati anche da Papa Francesco e da numerosi esponenti politici, ancora non ci sono. Vanno conquistati e nella mobilitazione Roma deve essere in prima fila, perché nella metropoli più che altrove è visibile il rischio della rottura sociale.

C’è una Roma della conoscenza che ha scelto di mobilitarsi per la riapertura in presenza e in sicurezza a settembre, per ripartire verso un “modello di una scuola nuova, aperta, più ricca, dialogante con il territorio e al centro delle politiche della città, diffusa anche al di fuori degli edifici scolastici, che metta al centro i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi, i loro diritti e le loro esigenze”. Al grido di “Apriti scuola” una trentina di associazioni e comitati di genitori hanno lanciato un appello a insegnanti e studenti per ritrovarsi l’8 giugno - ultimo giorno di scuola – nei luoghi cardine della didattica negata, scuole, piazze, parchi, per dimostrare con piccole azioni come sia possibile stare insieme in spazi educativi alternativi. Rifiutano la normalizzazione della didattica a distanza, che nega la centralità della relazione sociale e vogliono che questa emergenza sia “occasione per trasformare la scuola in meglio, non un pretesto per impoverirla di più”. Non vanno lasciati soli perché, considerando che la nostra istruzione è stata la prima a chiudere i battenti e sarà l’ultima a tornare in aula, il pericolo di una prolungata e autolesionista sottovalutazione della questione scolastica c’è tutto.

C’è una Roma che costruisce socialità nella quotidianità che sta riprendendo a vivere: nell’associazionismo e nelle realtà di base, nei lavori di cura di educatrici, operatori sociali e cooperazione, nelle lotte per l'abitare, il reddito e la dignità, nella vivacità dei comitati civici impegnati in tutela e miglioramento del territorio, nella produzione artistica e culturale, nell’innovazione di coworking e fablab sul terreno del lavoro e della produzione, nei terreni e negli edifici abbandonati che sono diventati orti urbani, palestre popolari, luoghi di socializzazione, scambio interpersonale e intergenerazionale. 

Non è una coalizione coesa e non ha una strategia unitaria, tutt’altro. Però ha ripetutamente dimostrato di essere pronta all’assunzione di responsabilità, di essere un punto di forza irrinunciabile, di rappresentare un enorme potenziale di trasformazione, su cui lo schieramento democratico tutto deve puntare nel definire un piano per Roma.

* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma

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