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Roma
La strage delle donne in carcere: Rebibbia, fine vita con un cappio al collo

"Una detenuta della sezione femminile di Rebibbia si è uccisa in cella mediante un cappio rudimentale. È la terza detenuta suicida dall’inizio dell’anno che registra già il record di 39 suicidi, uno ogni 5 giorni, 16 volte in più rispetto a quanto accade fuori".

A riferirlo è il segretario generale del Sindacato di polizia penitenziaria (Spp) Aldo Di Giacomo sottolineando che “ancora una volta la sezione femminile di Rebibbia, dove il sovraffollamento in cella al 30 giugno scorso toccava il 133%, si conferma uno degli istituti con maggiori problematiche. Basti ricordare che al 31 marzo scorso risultava un gruppo di 4 bambini all’interno della sezione nido di questa casa circondariale. E per effetto delle imminenti elezioni politiche la proposta di legge di civiltà per tenere i bambini fuori dal carcere passerà al nuovo Parlamento".

Estate, le carceri esplodono

"L’estate si conferma dunque stagione problematica da gestire nelle carceri - prosegue - mentre l’unica Regione che ha attivato, sia pure solo di recente, un piano di prevenzione suicidi è la Regione Lombardia, un piano che contiene aspetti decisamente importanti come un programma individualizzato di presa in carico congiunta nel quale saranno indicati ulteriori interventi integrati degli operatori sanitari, di sostegno e di sorveglianza, secondo le necessità determinate dalle problematiche rilevate. Significativa, inoltre, la costituzione di uno staff multidisciplinare composto da rappresentanti del personale penitenziario e sanitario".

"Come sostengono gli esperti, la pandemia se in generale ha accentuato situazioni di disagio mentale, apprensione ed ansia, ha avuto e continua ad avere ripercussioni ancora più gravi nelle carceri dove – aggiunge Di Giacomo – il personale di sostegno psicologico come quello sanitario in generale ha numeri ridotti e non riesce a far fronte all’assistenza ancor più necessaria negli ultimi due anni di Covid. Come sindacato è da tempo che abbiamo proposto l’istituzione di sportelli di sostegno psicologico, tanto più contando su almeno 3 mila laureati in psicologia che nel nostro Paese non lavorano con continuità. Come per il personale penitenziario che continua a dare prova di impegno civico è sicuramente utile attivare corsi di formazione ed aggiornamento per essere maggiormente preparati ad affrontare casi di autolesionismo e suicidio, oltre naturalmente a provvedere rapidamente all’atteso potenziamento degli organici”.

“Uno Stato che non riesce a garantire la sicurezza del personale e dei detenuti testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici. L’incapacità – continua Di Giacomo – è ancora più irresponsabile in questa nuova fase di diffusione della pandemia. Sminuire o nascondere la verità – aggiunge – può solo portare ad un’ulteriore sottovalutazione e a complicare le problematiche esistenti per la salute della popolazione carceraria e di chi lavora”, conclude il sindacalista.

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