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Roma
Lockdown ristoranti, la protesta: al Pantheon il dolore degli operatori romani

Tovaglie stese sui sampietrini del Pantheon, bicchieri di cristallo e piatti di porcellana: parte da qui la protesta di chef, camerieri, baristi, gelatai, pasticceri e fornitori. Circa 150 persone scese in piazza per gridare tutto il loro dolore e manifestare contro il lockdown imposto dal Governo Conte che gli fa abbassare le saracinesche entro le ore 18.

“Questo comparto che rappresenta il bene ed il buono soprattutto dell'Italia ha bisogno di aiuti dal Governo – spiega Alessandro Circiello, chef con un passato in tv e presidente della Federazione Italiana Cuochi Lazio –. Speriamo che in questo Decreto Ristori di centinaia di pagine ci siano aiuti concreti. Chi soffre di più poi, e vanno aiutati, sono le attività dei centri storici ma anche i catering e le società che organizzano eventi. Chiedendo alle 18 i ristoranti perdono tutto, perché noi lavoravamo il 20% a pranzo e l'80% a cena. Se le aziende, grandi e piccole, lavorano da casa e a cena siamo chiusi, come si fa ad andare avanti? Abbiamo speso tanto per i plexiglas, abbiamo ridotto i coperti e distanziato tavoli, ora ci facciano lavorare. Capisco il virus, ma la medio o alta ristorazione non ha queste criticità, alla fine se fai 30 o 40 coperti si possono fare tranquillamente in sicurezza. Nel nostro settore ci sono poi tantissimi professionisti che posso assicurare che rispettano ogni norma”.

“Sono venuto da Pomezia fino a qui al Pantheon perché è giusto portare solidarietà a chi sta lavorando oggi con molta fatica per colpa del Covid – commenta Paolo Serranti, proprietario di un ristorante nella cittadina a sud di Roma –. Il problema è serio, la situazione è molto grave, e non è possibile che non si fa in tempo a far ripartire la nostra economia che la si richiude senza dare alcuna spiegazione tecnica perché nessuno ha mai detto che tutti i contagi di questo ultimo periodo siano colpa della ristorazione o anche teatri, cinema, palestre e tutte quelle attività che sono state bloccate nuovamente. Perché devono chiudere proprio noi? Noi abbiamo bisogno di lavorare in sicurezza, abbiamo speso tantissimi soldi per metterci in sicurezza quindi ora è giusto che ci facciano tornare a lavorare”.

Non solo ristoratori in piazza ma anche bar e gelatai: “Se la situazione in Italia è critica, per i centri storici italiani è disastrosa, oserei dire bellica – racconta quasi in lacrime Cristina Asdagi, proprietaria insieme alla sorella della storica Gelateria Artigianale Antonietta Cecere di via del Lavatore a Fontana di Trevi –. Noi viviamo del turismo e degli uffici del centro storico ma senza gli stranieri e la gente in smart working noi come facciamo a sopravvivere se ci fanno chiudere anche alle ore 18? Qualcuno deve spiegare al Governo che in Italia nessuno viene a mangiare prima delle 6 del pomeriggio. Chiediamo a Conte non più promesse ma fatti, non soldi perché non ci sono ma almeno facciano in modo di bloccarci le uscite. Vogliono controllare l'alcol ed il caos conseguente? Va benissimo, lo fanno sempre d'estate. Ma perché ora bloccate pure noi? Non abbiamo più parole. Vogliono le chiusure? Ok, ma devono dar da mangiare a tutti”.

Al fianco dei manifestanti anche l'esercito dei fornitori, rimasti anche loro a cascata senza lavoro: “Ho una azienda a gestione familiare rilevata tre anni fa con tanti sacrifici, con me, mio fratello e mia madre ci sono altri otto dipendenti per un totale di 15 famiglie rimaste a terra – grida Pamela, titolare della Le Dame Food Srl –. siamo riusciti a superare il primo lockdown con tanti sacrifici ma adesso ci hanno ributtato giù. Se fermano i ristoratori fermano anche noi. Abbiamo con noi ragazzi di 20 e 30 anni con famiglie e bimbi piccoli che non hanno più niente da mettere in tavola. Così il Governo ci sta chiedendo di perdere la nostra dignità. Io non smetterò di protestare finché non mi daranno il modo di lavorare. È da una settimana che non escono più ordini. Inutile che il Governo stanzi nuovi fondi quando ho dipendenti che aspettano ancora la Cassa integrazione di marzo”.

In piazza anche alcuni clienti abituali di alcune attività storiche che rischiano di dover chiudere per sempre: “Abbiamo deciso di portare in piazza con noi anche i nostri clienti per protestare contro questo Dpcm che punisce tutti senza mezze misure – spiega Daniele Rigamonti, da 30 dipendente della torrefazione Marziali Caffè –. Se c'è qualcuno che non si è adeguato è giusto che venga punito ma è sbagliato chiudere così tutti alle 18. Io ho quattro figli, ragazzi che frequentano scuole, bus, metro, centri sportivi e posso tranquillamente dire che non c'è attività come quella della ristorazione che si è adeguata prontamente alle direttive del Governo. Hanno speso soldi, ridotto sedute, sanificato locali e non capiamo perché tutto questo accanimento verso questa categoria che regge una grossa fetta del mercato romano ed italiano. Un terzo delle attività che rifornivamo ha chiuso, non ha riaperto da marzo. Il Governo fa decreti, noi rispondiamo con proposte che però non ascolta”.

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