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Roma
Mafia Capitale, Carminati rompe il silenzio: “Processate i miei processi”

Massimo Carminati, il principale imputato insieme a Salvatore Buzzi, del maxi processo Mafia Capitale, rompe il silenzio e chiede di parlare in video conferenza dal carcere. Davanti ai giudici della decina sezione penale denuncia un attacco mediatico e chiede che si faccia un processo ai suoi processi.

"Vorrei che fosse fatto un processo sui processi che si riferiscono a me, fatti prima di questo giudizio". Carminati, che ha voluto rendere spontanee dichiarazioni, ha commentato un articolo uscito sul settimanale L'Espresso intitolato “Ricatto alla Repubblica”, e dedicato al furto, avvenuto nell’estate del 1999, nel caveau dell’agenzia della Banca di Roma nel palazzo di giustizia di piazzale Clodio. Per questo episodio Carminati fu condannato, in via definitiva, a quattro anni di reclusione, tre dei quali non scontati grazie all’indulto.

"Ieri l'Espresso ha pubblicato un articolo che parla di me, con la mia foto in copertina . Nell'articolo si fa rifermento alla lista delle cassette di sicurezza sottratte nel furto al caveau. Si fa intendere nell'articolo che io ho corrotto i giudici del processo Pecorelli, i quali sono stati offesi. Io sono il più scemo. Io non mi devo difendere solo in questo processo, ma anche in quello che sta succedendo fuori".
Nell'articolo, nel quale sono indicati i noni delle persone le cui cassette di sicurezza erano state sottratte, si sottolinea come lo scopo di Carminati fosse quello di acquisire documenti contenuti nelle cassette di sicurezza per organizzare una sorta di ricatto. Tra gli altri, infatti, vennero derubati anche magistrati, avvocati e cancellieri.

L'avvocato Giulio Vasaturo, legale dell'associazione Libera, parte civile nel processo Mafia Capitale, parla di un chiaro segnale all'esterno che Carminati ha voluto lanciare.
"Credo che nella scelta di Carminati di rompere il silenzio per attaccare Lirio Abbate e per sollecitare altri a non stare piu' zitti debba essere colto un segnale preciso. Un segnale che, come spiega lo stesso imputato al 41bis, e' rivolto all'esterno dell'aula di giustizia, verso chi e' in grado di recepirlo perfettamente".

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