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Roma
Mafia Capitale, Salvatore Buzzi ai domiciliari: era in carcere da 5 anni

Mafia Capitale, l'ex ras delle cooperative romane Salvatore Buzzi, figura-chiave nel processo al "Mondo di Mezzo", dopo 5 anni di carcere va agli arresti domiciliari. A deciderlo la terza sezione della Corte d’Appello di Roma che ha accolto l’istanza di scarcerazione presentata dai legali di Buzzi, gli avvocati Piergerardo Santoro e Alessandro Diddi.

 

Il ras della cooperative romane aveva chiesto la revoca o la sostituzione della misura della detenzione in carcere dopo che la Cassazione il 22 ottobre scorso aveva fatto cadere l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. "Ritenuto - si legge nella motivazione di cinque pagine della Corte d'Appello - che il lungo periodo di custodia inframuraria consente di poter ragionevolmente di ritenere in qualche misura attenuate le originarie esigenze cautelari, stante l’intervenuto ridimensionamento di taluni profili di particolare gravità delle originarie contestazioni, fermo restandone comunque l’intrinseco disvalore notevolmente elevato dei fatti; ritenuto che in tale situazione può ritenersi adeguata la meno gravosa misura degli arresti domiciliari presso la residenza familiare in Roma".

Salvatore Buzzi ha ammesso i reati di corruzione, e tale sua "condotta costituisce segno della cesura con il passato deviante foriero di pericolosità sociale". In più anche le cooperative sociali, da tempo sotto sequestro e a lui una volta riconducibili, "sono state sottratte a qualunque sua disponibilità". Inoltre l'associazione per delinquere di cui avrebbe fatto parte assieme all'ex esponente dei Nar Massimo Carminati è cessata il 2 dicembre 2014, quando furono eseguiti gli arresti, e quindi sono trascorsi ben cinque ani dalla data in cui è cessato il vincolo associativo. Tutto ciò, per la terza corte d'appello di Roma, non può non comportare un giudizio di attenuazione delle esigenze cautelari nei confronti di Buzzi i cui termini di custodia massimi scadranno il prossimo 16 gennaio 2020, scadenza che "induce logicamente a ritenere che la misura restrittiva abbia già concretamente garantito tutte le esigenze cautelari ravvisate in questi anni. Il suo protrarsi finirebbe per integrare una punizione ulteriore".

“Dopo 5 anni di custodia preventiva finalmente è stata restituita giustizia. Mai nessuno in Italia ha pagato in questo modo per una corruzione – ha sottolineato all'Adnkronos l'avvocato Alessandro Diddi –. Adesso finalmente possiamo guardare con serenità all'ultimo pezzo del processo che ci attende in appello. Spero che si possa mettere fine a questa strana e forse distorta pagina della giustizia italiana”.

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