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Roma
Majorana e la fuga “anti atomica” in Venezuela. Il segreto è in Vaticano

di Patrizio J. Macci

La "prova regina" che Ettore Majorana ha deciso di trascorrere volontariamente un tratto della sua vita in Venezuela - dal 1955 al 1959-, è nascosta in Vaticano nell'Archivio Segreto. Inaccessibile agli storici e ai giornalisti.

Lo raccontano Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini nel volume -pregevole per l'impaginazione e le foto in carta patinata a corredo- “La seconda vita di Majorana” Chiarelettere editore.
Il “caso Majorana”, un fiume carsico che si inabissa e riemerge periodicamente dal giorno della sua scomparsa il 26 marzo del 1938, era esploso nuovamente nel 2008 dopo il ritrovamento a casa di un emigrato italiano di una fotografia che ritrae l'uomo a Caracas accanto a un individuo di circa cinquant'anni che dice di chiamarsi semplicemente “Bini” senza mai rivelare neanche il suo nome di battesimo. Quest'uomo era Ettore Majorana senza alcun dubbio.

Armati solamente della conferma del laboratorio del Ris dei Carabinieri sull'identificazione positiva dell'individuo ritratto nello scatto e della conferma di alcuni parenti dei protagonisti della vicenda nel frattempo tornati in Italia, i tre autori partono alla volta del Sud America sulle tracce del Signor Bini. È un puzzle che viene ricostruito tassello per tassello, con l'incursione di mitomani, false piste, testimoni che scompaiono e relativi scoramenti dei tre ricercatori. I giornalisti riescono ad andare oltre l'inchiesta della procura, che finisce archiviata con la sola conferma dell'identità dell'uomo catturato nell'immagine, con l'ausilio di un misterioso informatore che gli permette di accedere al registro di tutti gli stranieri emigrati in Venezuela. Da lì parte l'identificazione spasmodica di parenti e consanguinei attraverso facebook e navigando nel rutilante universo dell'amministrazione sudamericana.

I protagonisti della vicenda sono quasi tutti morti o molto anziani, ma i superstiti quell'analogia Signor Bini uguale Ettore Majorana la ricordano con chiarezza. Majorana sarebbe fuggito dall'Italia per i contrasti con Fermi (che avrebbe collaborato alla realizzazione della prima testata atomica), e - ipotesi romanzesca ma non troppo- forse perché aveva intuito con anni di anticipo gli impieghi bellici del suo lavoro. Il fisico siciliano arriva in Argentina negli anni Quaranta, qui ha contatti con numerosi emigrati italiani che ricordano perfettamente il suo nome e di averlo incontrato, per poi riparare in Venezuela dove a un certo punto è costretto a riparare in un convento di cappuccini insieme all'uomo ritratto con lui nella foto per salvarsi dai tumulti conseguenti a un colpo di stato. Purtroppo il libro che registra gli accessi in quei giorni conserva solamente delle pagine bianche, e le carte del cardinale che lo favorì sono ricoverate negli archivi del Vaticano ancora non desecretate.
In Venezuela Majorana possiede una vistosa automobile modello Studebaker di colore giallo, evita gli emigrati italiani come fossero la peste e sceglie un'identità fittizia.
Nella pratica più di una come ipotizzano gli autori nel libro. Una mente ingegnosa per sopravvivere tanto tempo senza essere scoperto, non poteva che inventare una soluzione complicata ma geniale che gli pemettesse di vivere e lavorare probabilmente sempre a progetti legati al nucleare.
Alla ricostruzione manca solo la tomba di Majorana però vi è un'ipotesi sul cimitero dove sarebbe stato sepolto, ma il progetto dello scienziato italiano di scappare via per sempre è ricostruito legando con dovizia i fili degli eventi. Rimane irrisolta la scomparsa del taccuino con i suoi appunti e dei foglietti che Majorana conservava disordinatamente nella sua automobile. Si sono inabissati da qualche parte negli Stati Uniti, ma prima o poi potrebbero riemergere per dare un nuovo impulso alla vicenda.

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