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Roma
Oasi di Ninfa, è allarme siccità. L'appello della Fondazione Caetani

Dopo il disastro Bracciano, si affaccia una nuova emergenza idrica che rischia di compromettere uno dei tesori naturali più preziosi della Regione e, in particolare, della provincia di latina, l'Oasi Naturale di Ninfa.

 

Il Presidente della Fondazione Giacomo Sottoriva, con una lettera che spiega i motivi della preoccupazione e lo stato dell'arte dopo una stagione che rimarrà negli annali per la siccità, ha lanciato un appello al Ministero dell'Ambiente, alla Regione Lazio e agli assessorati competenti, alla provincia e al prefetto di Latina.

“Al termine di una stagione straordinariamente siccitosa (tra ottobre 2016 ed oggi si è registrato nelle stazioni meteo della Pianura Pontina il 60% in meno delle precipitazioni rispetto alle serie storiche), ci troviamo ad affrontare una crisi che mai, né nei 45 anni di storia della Fondazione né nei precedenti 60 anni di gestione di Ninfa da parte della Famiglia Caetani, si era presentata così drammaticamente. Vogliamo ricordare, in particolare, che il Lago di Ninfa è all’origine di tutti i sistemi ambientali che la Fondazione ha l’onore e l’onere di gestire: il Lago stesso, il fiume Ninfa e le sue fasce ripariali (con il Sito di Importanza Comunitaria IT 6040002 “Ninfa ambienti acquatici”), il Giardino di Ninfa e l’area naturale di Pantanello. Sono tutti beni che – oltre a rappresentare l’eredità culturale della Famiglia Caetani, che la Fondazione ha il compito di proteggere, accrescere e condividere – costituiscono un valore della nostra Regione: basterà pensare ai circa 80mila visitatori che ogni anno visitano il Giardino, che può essere considerato uno dei principali attrattori culturali e turistici del Lazio.    
Ci risulta che il Lago abbia subìto ad oggi un abbassamento del livello medio ordinario di circa un metro e mezzo; si tratta di una massa d’acqua assolutamente ferma, non riuscendo a sfiorare in nessuno dei suoi punti di uscita verso il fiume a causa della scarsissima alimentazione da parte delle sorgenti subacquee e ripariali, e presenta sostanzialmente un tempo di ricambio infinito, con evidenti problemi di innalzamento critico del carico trofico delle acque.     Nello stesso tempo il fiume non può più essere definito tale, venendo a mancare l’elemento principale per applicare tale definizione: lo scorrere dell’acqua; la flora subacquea è fortemente regredita ed anche la fauna (in particolare la Trota macrostigma, oggetto di un recente progetto di rinvigorimento della popolazione con finanziamenti della Provincia di Latina) è fortemente minacciata di scomparire.     A causa dell’abbassamento del livello di saturazione del terreno il Giardino è in fortissima sofferenza. Le aree umide di Pantanello, realizzate con l’impiego di cospicue risorse finanziarie pubbliche (circa 3 milioni di  euro di finanziamenti regionali, del Governo centrale e comunitari) ed esempio unico di ricostruzione di un paesaggio umido naturale in terreni da un secolo dedicati alla produzione agricola, sono al momento scomparse, lasciando spazio a radure asciutte e oramai prive della ricca ornitofauna che vi si era insediata.     A questo punto non è più rinviabile una riflessione comune sul modello di gestione della risorsa idrica, unico punto all’ordine del giorno di un auspicabile tavolo tecnico-politico che affronti con estrema urgenza questo problema.    
E’ giunto il momento di capire se è possibile introdurre nuovi modelli o passivamente affidarsi al destino, in considerazione di ciò che i cambiamenti climatici minacciano di ripetere nel breve futuro.
Sulla base delle nostre conoscenze del sistema idrogeologico, maturate anche grazie al fondamentale apporto del compianto Prof. Paolo Bono, Direttore del Dipartimento Scienze della terra della Sapienza Università di Roma e già Consigliere della Fondazione, sappiamo che – in mancanza di modificazioni dello stato di cose – il sistema sorgente lago è destinato a scomparire in tempi brevi. Anche con un intervento tempestivo di alleggerimento del sistema di prelievi il Lago impiegherà almeno un paio di anni per riacquisire la sua floridità idraulica, e nel frattempo dovremo capire cosa sarà degli ecosistemi che da esso dipendono.    
E’ per questo motivo che, anche come proprietari del Lago, oltre che come gestori del Monumento Naturale Regionale all'interno del quale è situato il Lago, chiediamo con urgenza di un tavolo tecnico che assuma decisioni responsabili.     Stante la classificazione di Monumento naturale, riteniamo che dovrebbe essere la Regione Lazio ad assumere l'iniziativa, ovvero la Provincia di Latina per quanto di competenze le è rimasto.
Abbiamo letto della coraggiosa e dovuta decisione del Direttore Generale Risorse idriche e Difesa del suolo della Regione Lazio, dottor Mauro Lasagna, che ha vietato ulteriori prelievi dal lago di Bracciano da parte dell'Acea fino al recupero del livello medio del lago stesso.     Ci aspettiamo una risposta pronta ed altrettanto responsabile e restiamo a disposizione per quanto si potrà collaborare”.

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