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Roma
Pd-M5S nel Lazio: l'opposizione di centrodestra non ha le carte in regola

di Donato Robilotta

Che la Regione Lazio di Nicola Zingaretti sarebbe diventata un laboratorio politico non ci voleva molto a capirlo né bisognava aspettare il nuovo governo Pd-M5S per averlo chiaro.

 

Ora, con il nuovo governo e l’accordo Pd–M5S, il centrodestra alla Pisana parte lancia in resta e accusa di trasformismo gli avversari, che potrebbero costruire una nuova maggioranza con l’ingresso di tecnici d’area del movimento di Grillo in giunta per sostituire i due assessori di Zingaretti che sono andati al governo. Solo che per accusare gli altri bisognerebbe avere le carte in regole e il centrodestra, mi spiace dirlo, non ce l’ha.

Prima di convocare il Consiglio Regionale, nel quale si è discusso della crisi politica nazionale senza alcun costrutto, sarebbe stato meglio che il centro destra si fosse chiarito al proprio interno e deciso di chiedere ai due consiglieri del gruppo misto di dichiarare che il patto di aula è archiviato e terminato il sostegno a Zingaretti. E allo stesso tempo presentarsi con le dimissioni firmate dei presidenti delle commissioni non di controllo degli esponenti del centro destra. Con le carte in regola, secondo la prassi della buona politica, il centro destra avrebbe potuto e dovuto chiedere la convocazione del consiglio regionale presentando una mozione di sfiducia a Zingaretti, per far mergere così la nuova maggioranza Pd – 5 stelle alla Pisana che contrasta con il mandato elettorale. Perché diversamente che in Parlamento in Regione la forma di governo è affidata al voto dei cittadini.

La corsa di Zingaretti al controllo della Regione

Zingaretti ha vinto le Elezioni Regionali del 2018 ma non ha avuto la maggioranza, gli manca un voto in consiglio, e di fronte all’anatra zoppa ha da subito lavorato per un accordo sui temi con i 5 stelle. Ma è stato abile a fare la stessa cosa con il centro destra. Incontrò i gruppi uno ad uno, perché il centro destra non volle presentarsi da lui come coalizione, per programmare un’agenda politica più o meno condivisa e tessere la rete con cui imbrigliare gli avversari politici. Gli uomini di Zingaretti alla Pisana poi sono stati abili a mettere sul tavolo la presidenza delle commissioni consiliari, per Statuto spettano alle opposizioni solo alcune rappresentanze nell’ufficio di Presidenza e la guida delle commissioni di controllo, per far partire la legislatura.

Il centro destra, che oggi attacca i 5 stelle per l’accordo con Zingaretti, si divise sulle nomine nell’ufficio di presidenze e, soprattutto, accettò la presidenza di alcune commissioni consiliari in cambio, nessuna me ne voglia, di una opposizione tiepida, per non dire di un larvato sostegno, per evitare di tornare subito al voto.

Zingaretti poi, nel momento che si è candidato alle primarie per conquistare la guida del Pd, ha cambiato strategia e per evitare di farsi attaccare dai renziani di strizzare l’occhio ai 5 stelle diede mandato a Leodori e Buschini di trovare numeri in Consiglio per una maggioranza certa.

Due Consiglieri Regionali del centro destra che, a causa delle divisioni e dei litigi del centro destra sulle nomine, erano andati nel gruppo misto aderirono al cosiddetto patto d’aula, consentendo dunque a Zingaretti di avere una maggioranza in aula e di coprire l’accordo con i stelle che di fatto non è mai venuto meno.

Il capolavoro poi il centro destra l’ha compiuto quando ha presentato la mozione di sfiducia a Zingaretti sciogliendosi come neve al sole, chi era all’estero, chi se la dava a gambe levate o di soppiatto, chi addirittura votava contro, mentre il movimento 5 stelle , messo sempre sotto accusa, votava compatto la mozione di sfiducia.

Poi tutto è continuato come in una palude con una opposizione di cdx che per scelta o incapacità non è mai riuscito a mettere seriamente in difficoltà Zingaretti.

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