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Roma
"Pignatone vive nel far west di Reggio". L'avvocato Naso accusa: "Regia politico giudiziaria"

di Valentina Renzopaoli

Pignatone “giudice del far west”, abituato a utilizzare metodi istruttori che “violano il principio di legalità”, capace di tessere una regia di “politica giudiziaria” che travalica i confini del Tribunale.
E' un attacco durissimo e senza precedenti: le parole dell'avvocato Giosuè Bruno Naso impietriscono i giudici della II sezione della Corte d'Appello del Tribunale di Roma, dove si sta svolgendo il processo di secondo grado per Carmine Fasciani e altri diciassette imputati. Nell'arringa finale, per la difesa del suo cliente Riccardo Sibio, considerato dall'ipotesi accusatoria come uno degli organizzatori dell'associazione a delinquere di stampo mafioso, Naso si lancia in uno scontro frontale.
“Questo processo fa parte di una certa operazione di politica giudiziaria, spiegata da una ragione inequivocabile, che porta il nome del nuovo procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, che è venuto a Roma pensando che Roma fosse una grande Reggio Calabria per applicare metodi investigativi e processuali da far west”, ha tuonato l'avvocato nell'incipit del suo discorso.
Parole di fuoco che, senza lasciare molto spazio alla fantasia, demoliscono l'azione del super procuratore, “padre” di Mafia Capitale, raccontando di “processi fatti con lo stampino” e basati su una massa di intercettazioni “sparate” in ogni direzione, “non per ricercare la prova di un reato ipotizzato ma per ricercare il reato”.
“Il meccanismo istruttorio è sempre lo stesso, mediante intercettazioni a catena: si individua un soggetto che può incarnare sospetti, gli si viviseziona l'esistenza e si comincia a intercettare “a strascico” tutti quelli che gli girano intorno, alla ricerca di un reato ad ogni costo” ha spiegato. “La contestazione avviene sotto il profilo della contestazione di stampo mafioso, scattano le misure di natura patrimoniale per neutralizzare le possibilità di difesa e non ci si ferma nemmeno di fronte all'attività defensionale”.
A questo punto, si è voltato verso i colleghi avvocati: “Guardate che ciascuno di voi è sottoposto ad un controllo massiccio e invasivo, attraverso i vostri telefoni personali e di studio”. E urlando: “Mia figlia, avvocato di Carminati, è stata pedinata dalle 8 del mattino alle 19 di sera, un pedinamento che non poteva che nascere da un'intercettazione. Questo procuratore pensa che il crimine si debba combattere come nel far west”.
Con una conclusione degna dell'intera arringa, alla Corte esterrefatta il legale esclama: “Qui si vedrà se avete la cultura della giurisdizione in forza della quale il crimine non si combatte con metodi criminali, o se pensate che siamo tornati nel “far west” per fare giustizia ad ogni costo. Il vero tema è: ve la sentite di fare una sentenza politicamente scorretta?”. Il messaggio finale è ancora per Pignatone: “Chi sta coltivando ambizioni non può servirsi della vostra libertà di coscienza. Questo è un momento difficile e abbiamo bisogno che il principio di legalità siano salvaguardato”.

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