Pochi soldi e appalti 'chiusi'. Giubileo, rivolta dei costruttori - Affaritaliani.it

Roma

Pochi soldi e appalti 'chiusi'. Giubileo, rivolta dei costruttori

Sconcerto e delusione: questo è il comune sentire dei costruttori romani di fronte alle decisioni comunicate dall'Amministrazione capitolina in merito alle "modalità di affidamento dei lavori e alle risorse destinate e agli interventi programmati" in vista del Giubileo straordinario.

"Ciò che ci è stato illustrato riteniamo che non sia nell'interesse della città di Roma, e proprio per questo diciamo no, grazie". Ad affermarlo con decisione è Edoardo Bianchi, presidente dell'Acer, l'associazione dei costruttori edili di Roma e Provincia, a nome anche di Confartigianato, Federlazio edilizia e LegaCoop. Le quattro associazioni imprenditoriali hanno sottoscritto un documento congiunto relativo alla gestione dell'evento giubilare.

"No grazie come cittadini e come imprenditori - afferma Edoardo Bianchi insieme a Marco Matteoni (Confartigianato edilizia imprese Roma) Riccardo Drisaldi, (sezione edile di Federlazio) e Sandro Filabozzi (Legacoop) - basta alle procedure negoziate e 'ristrette' per l'affidamento dei lavori. Vogliamo, invece, procedure aperte a tutti. No al disinteresse nei confronti della città, perché di fronte ad un evento così importante si sarebbero potuti affrontare problemi che da anni affliggono Roma in maniera differente. Roma ha una dignità che non può essere messa in gioco per 30 milioni di euro".
Disinteresse che, a detta delle associazioni, si trasferisce nelle risorse: "Trenta milioni di lavori destinati al Giubileo" sono fondi "insufficienti alle reali necessità di una città come Roma per potersi presentare adeguatamente a un evento di portata mondiale" precisa Bianchi, parlando di una disparità che si sarebbe verificata "nell'affrontare il Giubileo a Roma e l'Expo a Milano rispetto ai contributi messi a disposizione, sia per quantità sia per provenienza". E ancora, "no" alle modalità pensate per affrontare l'Anno Santo, perché le risorse, "non solo sono insufficienti, per di più gli unici contributi sono quelli dei Romani stessi, versati per rientrare del debito del Comune. Piuttosto che utilizzare parte dell’aliquota Irpef versata dai romani per il ripianamento del debito della Capitale per poche e irrilevanti opere che non cambieranno il volto della città, preferiamo - come cittadini - che le somme stesse rimangano ancorate alla loro destinazione originaria e che non comportino l’allungamento dei tempi di ripianamento del debito". Un ultimo "no" è rivolto alla "sostanziale paralisi degli uffici capitolini che, tra inefficienze strutturali, gestione inadeguata e, ora, tra avvicendamenti di dirigenti e funzionari, non garantiscono continuità dell’attività amministrativa".