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Roma
Qualipatia, il neologismo che fotografa l'Italia degli ignoranti

di Patrizio J. Macci

L’impoverimento e “l’imbagascimento” del linguaggio in uso nel web, ma più in generale in ogni forma di “comunicazione digitale”, è la causa fondamentale della pauperizzazione del dibattito pubblico e, di conseguenza, del dibattito politico.

La scelta della velocità (Facebook, Twitter, Instagram) a discapito dei contenuti ha demolito anche la comunicazione dei rappresentanti del popolo verso i cittadini che agiscono di conseguenza nell’urna. Eleggono a rappresentarli politici umorali, incapaci di prendere decisioni definitive, tentennanti in ogni occasione. I partiti stessi (o meglio ciò che ne rimane) sono divorati da questa nuova disfunzione che li ha polverizzati come alberi erosi al proprio interno. L’Italia è diventata la “Repubblica del rimpallo”. Numerosi sono gli esempi che si possono citare a sostegno di questa affermazione: Tav, Stadio dell’A. S. Roma, vaccini, gestione dei rifiuti nella Capitale. Questa è la fotografia che si evince dal Rapporto Italia 2019 dell’Eurispes e dalle considerazioni generali scritte da Gian Maria Fara, Presidente dell’Istituto. Il livello dello scambio politico si è appiattito sul modello dei "discorsi da bar", ogni argomento viene affrontato con uno spot, uno slogan o un tweet dietro al quale spesso manca l’analisi della situazione reale. A complicare ulteriormente le informazioni, che ogni giorno l’uomo della strada riceve, ci sono fake news rimpallate, commentate fino a diventare notizia come un quadro falso firmato dal vero autore.

È il trionfo dell’uomo senza qualità, tutti possono pensare di fare tutto, conferendo un valore prossimo allo zero alla cultura, allo studio e all’esperienza. Il linguaggio moribondo genera non solo un pensiero fragile e la paralisi nelle scelte di governo della cosa pubblica, ma con il tempo ha partorito un mostro per il quale L’Eurispes ha coniato un neologismo: la “qualipatia”, il rifiuto o il disprezzo per tutto ciò che richiama la qualità; il contenitore è diventato più importante del contenuto.

La qualità richiede tempo, studio e conoscenza quindi chiunque la proponga diviene lui stesso un nemico. Il lessico dell’odiatore seriale della qualità è costruito su un’immediatezza che è la risoluzione del problema identificato via via con quello personale, della propria città e della propria identità nazionale.

Non vi è più nessuna strategia o programmazione ma molto semplicemente i temi vengono gettati nel “mainstream,” là dove il fiume che scorre è quello del web. Il rischio è che chi sa usare meglio gli strumenti di comunicazione digitali, possa attrarre gli elettori a prescindere dalla preparazione dei rappresentanti che propone e del programma. Come un surfista che riesce a cavalcare un’onda gigantesca per una circostanza fortuita ma rischia di venire sommerso dalla successiva. L'istantanea rimanda a quanto Norberto Bobbio aveva scritto come un monito nel 1984: «L'ipotesi che la futura computer-crazia consenta l'esercizio della democrazia diretta, cioè dia ad ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto ad un cervello elettronico, è puerile. Il prezzo che si deve pagare per l'impegno di pochi è spesso l'indifferenza di molti. Nulla rischia di uccidere la democrazia più che l'eccesso di democrazia». Il monito ora è divenuto profezia, anzi patologia.

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