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Roma
Raggi bis: il no di Zingaretti è un trucco. L'accordo Pd-M5S al secondo turno

di Donato Robilotta

Appena la Raggi ha fatto capire che intende ricandidarsi a Sindaco di Roma, il segretario del Pd e Presidente della Regione, Nicola Zingaretti, ha subito detto di No anche per placare le proteste dei dirigenti romani del suo partito, che in Campidoglio sono all’opposizione di Virginia.

Ma è un vero no?Il movimento 5 stelle è quasi obbligato a candidare la Raggi a Roma e la Appendino a Torino, perché questo sarebbe il vero grimaldello per scardinare la regola del divieto al doppio mandato, che altrimenti rischierebbe di falcidiare gran parte del gruppo parlamentare e manderebbe in fibrillazione ancora di più, di quanto non lo sia oggi, il movimento.

Il Pd è in maggioranza con i 5 stelle, Zingaretti, e con lui gran parte del gruppo dirigente del Pd, sta lavorando per costruire una maggioranza strategica con il movimento di Grillo e dunque non può litigare su Roma, che è la Capitale, anche perché il 20-21 Settembre ci sarà l’election day in sette Regioni e centinaia di Comuni dove i due partiti stanno cercando di costruire una alleanza. E’ vero che la migliore alleata di Zingaretti alla Pisana, la Lombardi, fa di tutto per sbarrare la strada alla ricandidatura della Raggi, ma Zingaretti sa bene che la partita è delicata e non può sbagliare.

Come si sa Zingaretti è abile, ha mestiere politico da vendere, ma è anche fortunato e la soluzione del rebus potrebbe trovarla nel meccanismo elettorale per la elezione del Sindaco di Roma. Il sistema infatti è ad elezione diretta ma con il doppio turno, diversamente dalle Regionali, e questo potrebbe consentire di andare al primo turno ognuno con il proprio candidato, anche per non perdere la faccia rispetto a quanto dichiarato, e poi al secondo turno convergere su chi va al ballottaggio.

Certo il centro sinistra avrebbero il problema dei renziani ma alla fine anche a loro potrebbero essere della partita. L’unico che potrebbe mettere in discussione questo schema potrebbe essere Calenda, che sta acquisendo una certa notorietà televisiva, se si candidasse da subito a Sindaco, anche perchè non credo proprio che il Pd pensi a lui. Ma dubito che lo faccia.

Io credo che nel Pd il candidato più credibile sia Roberto Morassut, già esponente di primo piano della giunta Veltroni, molto legato al territorio, profondo conoscitore della macchina capitolina e potrebbe rappresentare oltretutto un mondo esterno ai partiti che a Roma ha un certo peso.

Che a Roma il Pd di Zingaretti non voglia litigare con 5 stelle, nonostante i proclami, si evince ascoltando il dibattito parlamentare in corso alla Camera proprio sull’approvazione del DL elettorale che consentirà l’election day per il 20-21 settembre.

Sarebbero dovuti andare al voto a Settembre anche due municipi di Roma, l’XI° e il IV°, tutti e due guidati dai 5 stelle e caduti l’uno nell’aprile del 2019 e l’altro pochi giorni fa. L’XI° sarebbe dovuto andare al voto in questa primavera, ma questa finestra elettorale è stata spostata a Settembre, a causa del Covid, proprio dal decreto legge in questione.

Sarebbero dovuti andare al voto, ma in commissione affari costituzionali della Camera è stato approvato un emendamento, presentato non dalla relatrice dei 5 stelle, né dal presidente della commissione sempre dei 5 stelle, ma da esponenti di peso del centro sinistra romano, come Claudio Mancini, Anna Maria Madia, Stefano Ceccanti, Matteo Orfini, Patrizia Prestipino, Luciano Nobili, Roberto Giachetti, Stefano Fassina con esponenti dei 5 stelle come Francesco Silvestri, Baldino Vittoria e Federica Daga, che evita il voto dei due municipi romani e lo rinvia al 2021 con le elezioni del Comune.

Eppure quasi nelle stesse ore il Pd romano ha manifestato in gran spolvero con i suoi esponenti, da Bruno Astorre al segretario romano Andea Casu, ai Presidenti dell’VIII° e del III° municipio, Giovanni Caudo e Amedeo Giaccheri, con Giulio Pelonzi e Marta Bonafoni davanti alla sede del IV° Municipio per protestare contro la Raggi che a poche ore dalla sfiducia unanime della Presidente Della Casa l’aveva nominata commissaria.

Al voto al voto gridano, ma il voto non lo vogliono. Acquistano tempo per non litigare.

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