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Roma
Rifiuti, Cerroni vince ancora. Dopo Roma assolto per il Tmb di Guidonia

di Donato Robilotta

Emergenza rifiuti, Manlio Cerroni ha avuto una ulteriore assoluzione, questa volta dal Tribunale di Tivoli, con la motivazione che il fatto non costituisce reato. L’accusa era quella di aver realizzato l’impianto TMB di Guidonia in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico , cosa che aveva portato al sequestro dell’impianto nel 2014 per la mancata richiesta del parere ambientale al Mibact.

Una vicenda kafkiana, con un impianto previsto con il decreto del commissario ai rifiuti del 24 Giugno 2008, che prevedeva tra l’altro altri Tmb a Colleferro, Bracciano e Latina, e autorizzato con tutti i crismi nel 2010 dalla Regione Lazio che ne autorizzava la costruzione con l’autorizzazione integrale ambientale.Non solo ma, a seguito del contrasto del Mibact e del fallimento della conferenza dei servizi, la palla passava alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, come prevede la norma, che qualche anno fa dava il nulla osta definitivo.

I numeri di Guidonia

Un impianto pronto, che può lavorare 190 mila tonnellate all’anno di tal quale e 30 mila tonnellate di umido, rimasto bloccato nel momento di una grave crisi che attanaglia Roma e Lazio con i rifiuti romani che vanno in giro per il mondo. L’assoluzione è una buona notizia per l’avvocato ma anche per Roma e il Lazio, perché il dissequestro del Tmb di Guidonia può dare una grande boccata di ossigeno all’emergenza rifiuti e colmare in parte una lacuna nella gestione dei rifiuti limitatamente agli impianti di trasformazione del tal quale.

Ennessimo processo a Cerroni

Cerroni era già stato assolto due anni fa nel processo monstre sui rifiuti, sempre con la motivazione che il fatto non costituisce reato e con il riconoscimento che aveva operato per l’interesse della collettività. Per anni l’avvocato ha evitato che Roma andasse in emergenza, meritava più di un grazie invece è stato crocefisso con la conseguenza che messo da parte lui il sistema è andato in tilt e l’emergenza è diventata un fattore strutturale da qualche anno e Roma non è mai stata così sporca come in questi anni.

Il dramma termovalorizzatori

Resta un buco nel ciclo dei rifiuti sulla termovalorizzazione, perché nonostante quello che dice e scrive la Regione nel Piano rifiuti, che fotografa l’impiantistica esistente non in grado di fronteggiare l’emergenza, l’unico termovalorizzatore presente nel Lazio, quello di S.Vittore, può al massimo lavorare 400 mila tonnellate all’anno di cdr/css a fronte di un fabbisogno di 840 mila tonnellate l’anno. Ogni giorno tonnellate di Cdr prodotte a Roma via tir, treni o nave si spostano verso altri impianti italiani, o più spesso, all’estero (Portogallo, Cipro, Bulgaria, Ucraina, Egitto, Grecia, Austria etc). Un vero e proprio turismo dei rifiuti che ci costa in termini economici e ambientali. Eppure a Roma è presente il gassificatore di Malagrotta, previsto già dal piano rifiuti della Regione del 2002 e autorizzato nel 2005, presente anche nel decreto sblocca impianti del governo Renzi, con una linea su tre già pronta per entrare in funzione.

Non solo, dal 2017 giace nei cassetti della Regione una richiesta di autorizzazione di trasformazione del gassificatore in impianto di produzione di metanolo, che azzererebbe i fumi perché non ci sarebbe combustione e andrebbe incontro alla direttiva europea che obbliga le aziende petrolifere a produrre combustibile usando, a partire dal 2020, almeno il 10% di biocarburanti (metanolo).

Di recente la Regione Toscana ha modificato il suo piano rifiuti prevedendo al posto dell’impianto di termovalorizzazione di Firenze e Livorno un impianto di gassificazione per la produzione di metanolo (materia) in collaborazione dell’Eni. Mi auguro che Regione e Campidoglio smettano di far finta di non vedere che a Malagrotta c’è quell’impianto che vanno cercando in altre parti d’Italia e del mondo.

Il ruolo della Regione Lazio

Sta iniziando in commissione alla Pisana la discussione sul piano rifiuti, è quella la sede per affrontare la questione e mi auguro che da parte dei consiglieri ci sia una forte assunzione di responsabilità.

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