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Roma
Roma, dall’emergenza rifiuti all’emergenza sanitaria: la politica fa teatro

di Donato Robilotta

L’emergenza rifiuti ormai non la nega più nessuno perché Roma è diventata una vera e propria discarica a cielo aperto assalita dai gabbiani. Il rischio però è che con il caldo che è scoppiato in questi giorni possa trasformarsi in emergenza sanitaria.

 

Eppure chi dovrebbe intervenire non prende nessuna decisione. Regione e Campidoglio continuano a giocare a scarica barile e il tavolo del Ministero dell’Ambiente sino ad ora non ha dato i risultati annunciati.

Roma produce circa 1 milione 700 mila tonnellate all’anno di rifiuti, con l’indifferenziato che è pari a circa 1 milione. Gli impianti di trattamento dei rifiuti (i famosi Tmb) erano già insufficienti quando erano quattro, dopo la chiusura di quello di via Salaria per incendio siamo al collasso. Infatti i rimanenti tre impianti possono al massimo lavorare 700 mila tonnellate (2.250 t/g). Con i due impianti di Malagrotta, che per manutenzione debbono abbassare la quota di lavorazione, e con quello di Rocca Cencia che spesso va in tilt perché spinto al massimo, abbiamo un deficit di circa 1400 tonnellate al giorno di rifiuti tal quale che devono essere portati in altri impianti.

Il sindaco Raggi ha annunciato che in via Salaria non ci sarà più nessun impianto senza indicare un’alternativa, a dimostrazione che nella sua azione politico amministrativa prevale la propaganda alla responsabilità delle scelte. I rifiuti lavorati nei Tmb producono Css e scarti che a loro volta devono essere portati fuori perché a Roma non c’è il termovalorizzatore né la discarica di servizio. Per non parlare della raccolta differenziata che produce circa 300 mila tonnellate di umido l’anno che vanno quasi tutte in Veneto, perchè l’impianto di Maccarese può al massimo lavorare 30 mila t/a di umido. La Raggi aveva annunciato la costruzione di impianti per l’umido a Cesano e Casal di Selce, insufficienti per l’attuale produzione, ma i relativi progetti sono stati bocciati dagli uffici competenti capitolini.

Con la chiusura del Tmb del salario, che veniva usato anche e soprattutto come sito di trasferenza, il Campidoglio prima ha scelto momentaneamente il sito di Ponte Malmone, con l’impegno di chiuderlo entro fine mese, e poi ha comunicato l’individuazione di quattro - cinque siti di trasbordo in diversi Municipi dove, come nel terzo e nel quindicesimo, sta già montando la protesta.

Questo è un altro grande problema perché in questi anni la politica ha dato la “golden share” della gestione dei rifiuti in mano alla protesta, ora qualunque posto si indichi monta subito la rivolta trasversale. Tutti protestano, nessuno vuole gli impianti in casa propria e la politica non ha il coraggio di spiegare che l’alternativa agli impianti è l’emergenza permanente.

D’altra parte la Regione annuncia da anni il nuovo piano rifiuti che non si vede ma fa scelte sbagliate come quella di chiudere il termovalorizzatore di Colleferro, e riapre nello stesso territorio la discarica, mentre contemporaneamente fa accordi per utilizzare i termovalorizzatori di altre regioni o quelli all’estero.

Basterebbe leggere i dati per capire che non è assolutamente vero che basta far crescere la differenziata per eliminare la necessità dei termovalorizzatori. Infatti le Regioni dove è più alta la percentuale di raccolta differenziata hanno più termovalorizzatori. In Lombardia con la RD al 58,7% ci sono 13 termovalorizzatori; nel Veneto con la RD al 71% ci sono 2 termovalorizzatori, in Emilia – Romagna con la RD al 61% ce ne sono 8 e in Toscana con la RD al 52% ce ne sono 5. Nel Lazio con la RD al 43% ce n’è solo uno, quello di San Vittore, che ha una capacità massima di valorizzazione di 370 mila t/a di Css, rispetto ad una esigenza pari a 800 mila t/a. In Campania, che ha una RD pari al 52% , maggiore del Lazio, c’è un solo impianto, quello di Acerra, ma con una capacità di valorizzazione pari a 700 mila tonnellate all’anno di Css.

Unica notizia positiva in questo panorama è quella della conferenza di servizio della settimana prossima che si terrà in Regione per valutare la richiesta di autorizzazione e di via per la discarica di pian dell’Olmo, nel XV° Municipio di Roma e ai confini di Riano. Era il sito sul quale nel 2009 avevano trovato un accordo Alemanno, Marrazzo e Zingaretti. Sito indicato poi dal prefetto Sottile in qualità di commissario proprio per l’individuazione del sito della discarica. Ero lo stesso che Zingaretti, da Presidente della Provincia, tornò ad indicare con una lettera pubblica nel Novembre del 2011 quando infuriava la polemica sui siti di Corcolle e di quadro Alto a Riano. Le proteste e la pavidità degli amministratori di quegli anni bloccò tutto ed oggi ritorniamo dopo dieci anni al punto di partenza.

C'è da chiedersi infine perché Zingaretti non intervenga per aprire il Tmb di Guidonia, presente nel piano regionale dei rifiuti, bloccato da una grana giudiziaria che dovrebbe essere risolta dopo il parere positivo della conferenza di servizio ma che ancora tiene bloccata l’entrata in esercizio dell’impianto. Così come c'è da chiedersi come fa Zingaretti a continuare a far finta che non esista il gassificatore di Malagrotta, regolarmente autorizzato e presente sia nel piano regionale che nel decreto sblocca impianti del governo Renzi, e soprattutto cosa aspetta ad autorizzare la richiesta di trasformazione del syngass prodotto dal Gassificatore in metanolo che azzera le emissioni in ossequio alle recenti direttive europee sulle fonti rinnovabili.

Il momento richiede decisioni anche impopolari, ma governare significa assumersi l’onore della decisione.

Emergenza rifiuti, la rivolta di Saxa Rubra. Anche la Rai è contro la Raggi

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