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Roma
Roma, donna cade su un marciapiede rotto: la Cassazione assolve il Comune

Caduta sul marcipiede di piazza Venezia, nel 2002, mentre percorreva piazza Venezia. Per la signora rimasta riferita 17 anni fa nessun risarcimento da parte del Comune di Roma, la Cassazione respinge il ricorso.

 

La terza sezione civile degli Ermellini ha di fatto bocciato la tesi della donna, che aveva convenuto in giudizio il Comune: in primo grado le era stato accordato un risarcimento danni, ma la Corte d'appello della Capitale aveva ribaltato il verdetto, sottolineando che "l'erosione del manto stradale", nel punto in cui la signora affermava di essere caduta, consisteva non in una "buca", ma in un "dislivello creatosi tra due lastre della pavimentazione del marciapiede adiacenti tra loro" che non aveva "quelle caratteristiche di invisibilità, o non prevedibilità ed evitabilità, necessarie a far ritenere sussistente il nesso causale". Se la signora, era stata la conclusione dei giudici d'appello, "avesse prestato sufficiente attenzione alle condizioni del manufatto, avrebbe potuto facilmente evitare la caduta con le negative conseguenze sulla sua salute", anche tenuto conto della "circostanza notoria" per cui l'illuminazione della piazza era "ampiamente sufficiente" con "fonti aggiuntive" per illuminare "l'antico Palazzo Venezia".

La Suprema Corte dal canto suo ha dichiarato inammissibile il ricorso della donna, rilevando che, con esso, si "prospettava una diversa valutazione delle risultanze probatorie, ribadendo l'obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione delle strade e dei marciapiedi". La "mancata prova della caduta in una buca - conclude la Corte - comporta l'irrilevanza della sussistenza o meno di una illuminazione sufficiente".

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