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Roma
Roma, in Campidoglio va in scena la camera ardente. In fila per i morti famosi

Maurizio Costanzo, Vincenzo D’ Amico, Maria Giovanna Maglie, Maurizio Pucci, Gianni Minà, Sinisa Mihajlovic, Citto Maselli e Piero Angela sono alcuni degli scomparsi a Roma nel 2023 che hanno avuto la concessione della camera ardente in Campidoglio.

“Il dolore lievita, si solidifica nel rito, un protocollo collaudato che rende tutto più tollerabile: la morte addomesticata. Mani tese, sguardi bassi, abbracci contorti, rughe che si stirano in sorrisi. Nel viavai attorno alla bara il morto perde le sue fattezze da ricoprire con la propria immagine” così lo racconta Giovanni Bitetto nel suo ultimo libro. Quando muore “uno famoso” si fanno i conti con il tempo passato e quello che resta da vivere.

Chi si reca in una camera ardente, scarpina, fa la fila...

Il morto aveva un’esistenza che si è fatta memoria collettiva, ha scandito momenti di gioia, lutto, tacche nell’esistenza di chi accorre a salutarlo. Chi si reca a una camera ardente scarpina, sale scale, ruba tempo al lavoro e alla famiglia per un saluto. Conosce la persona che ha amato e seguito spesso per la prima e l’ultima volta. Incontro e abbandono si sintetizzano in un momento unico. I personaggi famosi accorsi per il saluto divengono quasi superflui se non c'è la gente, il popolo.

Quando a Roma morì Albertone

L’immedesimazione che porta a chiamare lo scomparso con il nome: “E’ morto Albertone” quando toccò ad Alberto Sordi così sussurravano nel 2003 i romani, il cognome non serviva. Era il padre benevolo che perdonava tutto e ti mandava via con uno scappellotto, lo specchio deformante dei vizi nel quale cercare un’assoluzione. Era uno di noi.

Mario Monicelli: "Il problema non siamo noi stronzi che..."

L’elenco dei salutati in Campidoglio è stato fatto a memoria, per cui si chiede scusa immediatamente a chi l’ha avuta ed è rimasto fuori dalla lista, e anche a chi magari si sarebbe meritato il saluto dei cittadini ma qualcuno non gli ha concesso lo spazio. Mario Monicelli una volta chiosò il rituale della “fila per salutare il morto” con una battuta al vetriolo: “Il problema non siamo noi stronzi che moriamo, perché prima o poi tocca a tutti. Il dramma sono quelli che rimangono, che non valgono un cazzo”. Nel dubbio amletico del giudizio di valore degli individui che nessuno può sciogliere, anche questo è oramai diventato un rituale autoreferenziale.

La cerimonia per i nativi digitali come sarà?

Quando cominceranno a morire i personaggi famosi solo tra i nativi digitali pochi avvertiranno l’esigenza dell’ultimo saluto “dal vivo” del morto. Chi è stato virtuale per un’esistenza intera come gli influencer interpretando sempre e solo se stesso, perché dovrebbe tornare in vita proprio il giorno della morte? Attori senza film, piloti senza aver mai guidato una automobile, teorici del nulla con milioni di follower che li giubilano dal proprio cellulare. Con un semplice click senza spremere una goccia di sudore.

Niente catafalco e sindaco in fascia tricolore

Nessun catafalco e sindaco con fascia tricolore. Le file saranno solo virtuali, basterà la spunta su un’icona o un collegamento in remoto con telecamera fissa per l’estremo saluto. Il niente delle loro esistenze che deflagra in pixel, nessun libro da firmare e riporre in qualche archivio polveroso. Niente dichiarazioni alla stampa. Se morendo non si morisse sul serio, la maggior parte di questi soggetti potrebbe pensare di morire veramente pur di avere finalmente un contatto simile insperato e spesso immeritato. Invece le centinaia di migliaia di persone che li seguono rimarranno sempre un numero, una stringa di caratteri. Invece no. Sono già morti da vivi.

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