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Roma
Roma, la città degli stupri. Paura e terrore: 411 donne violentate in un anno

Nove donne uccise, 411 stuprate e 1.305 vittime di maltrattamenti in famiglia. Tutto questo solo nel 2018 e solo a Roma. Numeri che fanno sì che le donne nella Capitale vivono con la costante paura ed il terrore che qualcosa potrebbe accadergli da un momento all'altro, per mano di un ossessionato spasimante, un marito violento o uno sconosciuto infoiato.

 

Questi dati da brivido relativi agli episodi di violenza di genere e ai femminicidi avvenuti lo scorso anno nel a Roma e nel Lazio sono stati elaborati dalla Uil del Lazio e dall’istituto di ricerca Eures. Se i crimini totali registrano nella Regione una flessione, i reati di genere invece non conoscono pause e mostrano un incremento rispetto all’anno precedente.

Sono state infatti 533 le violenze sessuali registrate nel Lazio nel 2018 (+3,7% rispetto al 2017), 12 le donne uccise e 1.880 le denunce per maltrattamento in famiglia (+14,1%). Relativamente agli stupri, il 77% delle varie denunce è stato sporto nella Capitale, seguita a distanza da Latina con 54 casi denunciati, ben il 68,8% in più del 2017, e da Viterbo che con 22 denunce segna anch’essa un preoccupante aumento del fenomeno (+31,8%).

Anche in relazione allo stalking, è sempre il capoluogo pontino, con 74 casi, a registrare l’incremento più consistente (+38,5%), seguito da Rieti (+14,8%) e da Roma (+4%), dove si concentra il 65,7% di questa fattispecie di reato, così come per i maltrattamenti, in relazione ai quali la provincia di Latina, con 173 denunce, evidenzia ancora una volta una preoccupante ascesa (+68,8%), mentre sembrano al contrario calare i casi nel reatino.

Tra le vittime di violenza sessuale, ben il 31% delle donne risulta essere di nazionalità straniera, percentuale che raggiunge il 22% tra le vittime di maltrattamenti in famiglia.

“Numeri che non vorremmo mai leggere – commenta il segretario generale della Uil del Lazio, Alberto Civica – e che evidenziano il fallimento delle politiche sociali dinanzi a tali fenomeni. L’allarmante incremento di questo tipo di reati ci dice purtroppo che il nostro Paese non solo non riesce a tutelare chi chiede aiuto ed è in difficoltà, ma che le richieste vengono spesso sottovalutate o addirittura ignorate. Ne sono una conferma i tanti casi di cronaca di donne uccise dopo l’ennesima denuncia. Perché non si agisce subito? Perché il sistema si blocca e l’iter processuale dura anni? Perché addirittura si colpevolizzano le donne sottoponendole a stenuanti consulenze e minacce di perdere i figli? Non si tratta certo di procedure tutelanti e non è un caso che l’Europa continui a bacchettarci in merito. Al fallimento del sistema, a tutti i livelli, si aggiunge un secondo fallimento che è di tipo culturale. I costanti atteggiamenti maschilisti, i commenti sulle vittime più che sui colpevoli, il divario economico e lavorativo esistente tra uomo e donna ne rappresentano una triste conferma cui dovremmo porre rimedio al più presto e con azioni mirate a lungo termine, piuttosto che con manifestazioni di indignazione e solidarietà postume”.

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