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Roma
Roma, prima la famiglia poi il Comune. Assemblee da casa, vince il divano

di Cristina Grancio *

La volontà politica espressa attraverso il lavoro d’aula dal vivo, diciamolo chiaramente, vorrebbe diventare un lontano ricordo per i consiglieri del Comune di Roma, verrebbe da pensare che facciano le danze tribali in attesa di una conferma dell’emergenza sanitaria per poter comodamente continuare a partecipare al Consiglio e alle commissioni da casa.

Sarebbe interessante per tutti avere la possibilità di partecipare alle riunioni della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi Consiliari, che non sono pubbliche, ma non è segreto il contenuto delle stesse, per capire che la sicurezza sbandierata del procedere mediante videoconferenze per poter avviare l’epoca della politica in videoconferenza è stata di fatto un cavallo di Troia. Gli eletti consiglieri comunali hanno creato una distanza fra loro e la vita reale, che in questo momento è piena di incertezze e sofferenze economiche. Distanza quella oramai prodotta con visuale dal divano di casa e che sembra trasformarsi quasi in un gioco il fatto di levare l’audio, come ha ammesso di aver fatto con me il Presidente De Vito nell’ultima Conferenza  di venerdì. 

Bisognava esserci venerdì alla riunione di capogruppo per aver chiaro che il trasformismo ha preso il sopravvento. La maggioranza ha approvato da questa settimana di svolgere, delle due sedute settimanali in calendario del Consiglio, una in videoconferenza ed una fisicamente in Aula Giulio Cesare. Quale la ratio?

L’ aula o è sicura o non lo è, e la verità è stata detta: è più comodo gestire le questioni familiari in videoconferenza e addirittura  si è tirato in ballo il regolamento dell’assemblea capitolina: “Il Consiglio Comunale e le Commissioni Consiliari, compatibilmente con l’urgenza delle materie all’ordine del giorno dei rispettivi lavori, organizzano la propria attività secondo modalità che favoriscono l’equilibrio fra responsabilità familiari, politiche e professionali ed una migliore ripartizione di tali responsabilitàà fra i sessi”. 

Detto questo è chiaro, e a me lo era dall’inizio, che l’affanno di trovare argomentazioni sempre più sofiste per proseguire in smart-working fioccano, ciò che non mi è chiaro è perché anche coloro che esprimono parere favorevole a tornare tra gli scranni dell’Aula, quali la Celli per Roma torna Roma, Fassina per Sinistra per Roma, Politi per la Lega poi, fatto salvo un comunicato della Celli di qualche settimana fa, rimangono parole dette nella riunione dei capigruppo.

L’Italia è tornata al lavoro, il calcio è ricominciato riaprono i cinema, le discoteche, hanno riaperto i ristoranti, seppur con qualche accortezza, esattamente come prima, mentre i Consiglieri, lavorano intelligentemente, o con linguaggio più moderno, restano in smart working come un qualunque impiegato la cui presenza in ufficio non è fondamentale, ma la politica è una relazione indissolubile con la vita reale, con le persone reali e la vita è materia stessa della politica e perdere il contatto con le persone reali significa perdere il contato con la vita e con la politica. 

Questo modo di operare seda la voglia di manifestare i disagi dei cittadini perché andare in Piazza del Campidoglio sapendo di non essere ascoltati, perché non vi è nessuno è comportarsi come il folle Edwood Down che parla al grosso coniglio bianco che nessuno vede, ma siamo certi che questo coniglio non esista? Non è che la verità è che i consiglieri di maggioranza non hanno voglia di confrontarsi con i cittadini che hanno chiara la situazione disperata di questa città?

Mentre città come Napoli, Firenze o Genova tornano al loro lavoro nelle Aule Consigliari, altre città hanno assaporato come Roma il gusto di fare politica mentre si guida la macchina o mentre si è immersi in impegni personali. Bello far parte della elite…

* Cristina Grancio, consigliere DemA Gruppo Misto

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