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Roma
Roma, “Shock della mobilità”, così Virginia Raggi inventa il tram lumaca
Foto d'archivio

di Andrea Catarci *

Tram-lumaca ultimo disastro, trasporto pubblico da reinventare. La Sindaca Raggi ha equivocato l’espressione “shock della mobilità”.

Alcune associazioni ambientaliste con essa facevano riferimento alla necessità di limitare e talvolta bloccare la circolazione delle auto private. La giunta Raggi si è invece adoperata per lo shock del trasporto pubblico, che già prima non versava certo in buone condizioni.

L’ultima in ordine temporale è che in alcuni tratti i tram viaggeranno a 10 o 5 km/h, per via dei binari usurati e il conseguente rischio di deragliamento. Circa tre mesi fa, sempre per la mancata sostituzione delle rotaie, una linea tramviaria è stata cancellata: al Flaminio il 2 non passa più, al suo posto ci sono bus sostitutivi per 92 posti, contro i 240 precedenti. Poiché non è stata ancora fatta la gara per l’aggiudicazione dei lavori, che dovrebbero durare 8 mesi, prima di un anno e mezzo sarà difficile che torni operativo.

Nelle metropolitane è riuscita a peggiorare il servizio con le chiusure a catena delle stazioni e la disastrosa gestione delle scale mobili. L’unico cantiere attivo per ampliare la rete è quello della tratta T3 della Metro C, di meno di 3 km, mentre sul finire dello scorso anno Roma Metropolitane ha accettato la richiesta del Consorzio Metro C di allungare i tempi dei lavori di 4 anni, ritenendo che a causare i ritardi siano state mancanze del Ministero dei trasporti e “rallentamenti burocratico-amministrativi di competenza capitolina”. Sulla fornitura dei mezzi non va meglio: Roma Capitale ancora deve stipulare la convenzione per i 6 treni della linea C che dovrebbero garantire un’adeguata frequenza.

Per i bus è sufficiente ricordare che nel 2020 sono andate a fuoco 28 vetture, 19 di Atac e 9 di Roma Tpl, con 13 danneggiamenti irreparabili. Per il resto agli utenti tocca il solito servizio di bassa qualità e, nella crisi pandemica, qualche annuncio di aumenti delle corse non rispettato.

Le funivie, infine, sono rimaste nei sogni della Sindaca. A più riprese si sono evocate, Battistini- Casalotti, Eur Magliana-Villa Bonelli, Jonio-Bufalotta, Clodio-Ponte della Musica, Belsito-Medaglie d’oro, Anagnina-Torre Angela, senza andare oltre qualche progetto di fattibilità e stima dei costi.

La riorganizzazione della mobilità intorno al sistema di trasporto pubblico

Nel disastro una cosa buona la giunta Raggi l’ha fatta: il PUMS, Piano urbano della mobilità sostenibile. Esso presenta anche limiti evidenti, come l’assenza di obiettivi ambiziosi in tema di clima e contrasto all’inquinamento per cui si propone al 2030 la riduzione delle emissioni Co2 di solo il 18%, a fronte del 55% delle indicazioni europee. Tuttavia contiene una visione, tra approccio di piano, ricerca dell’intermodalità, partecipazione della cittadinanza e attenzione alle diverse forme di mobilità, da riprendere senza atteggiamenti preconcetti.

Il Piano non deve restare un libro dei sogni: bisogna lavorare affinché ampie parti diventino realtà in una pianificazione orientata all’intermodalità, procedendo sui vari segmenti e avendo come priorità la ripresa della “cura del ferro” per collegare i quartieri poco serviti. In tale ottica la metro C va completata in tutte le diramazioni e ci sarebbe bisogno anche di una quarta linea: i tempi biblici di realizzazione e la lievitazione dei costi sconsigliano però ulteriori avventure del genere. Spesso sono preferibili le soluzioni tranviarie, che costano meno e si realizzano prima, come le operazioni di riuso di infrastrutture e l’ammodernamento di altre, come la Ostia Lido e le Ferrovie Roma Nord.

C’è un lungo elenco di altre criticità da affrontare: la scarsità di corsie preferenziali, strumento importante per garantire tempi di percorrenza regolari e dunque affidabilità dei bus; l’urgenza di “svecchiare” il parco veicoli e di investimenti per ridurre l’inquinamento; l’insufficiente ricorso alle tecnologie; la precaria accessibilità. E ancora, c’è da estendere e mettere in sicurezza i percorsi ciclabili, da disciplinare e allargare la sharing mobility, da diffondere la mobilità elettrica, da migliorare il servizio taxi, da razionalizzare gli spostamenti attraverso i mobility manager e, infine, da intervenire sulla logistica merci: costituisce il 20% del traffico cittadino e va organizzata meglio e con veicoli puliti, per esempio attraverso la “cycle-logistic”, cioè la consegna finale in bici.

È evidente che esiste la necessità di risorse extra bilancio per tali realizzazioni: si deve costruire una collaborazione fattiva con la regione e rivendicare con le istituzioni nazionali, anche il tal senso, il ruolo di Capitale. Occorre trovare nel giro di pochi anni quello che finora è mancato: fondi certi, condivisione della cittadinanza, capacità realizzativa. Serve produrre un cambiamento sociale e politico radicale. Altrimenti il sistema dei trasporti, come tutte le questioni grandi, è destinato a trascinarsi in un lento e progressivo peggioramento. Si può fare, non è impossibile.

* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma

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