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Roma
Roma, stop al pesce fresco dal Tirreno: rischio prodotti congelati o stranieri

Anzio, Nettuno e Civitavecchia ferme per un mese. Stop al pesce fresco proveniente dal Tirreno: tavole di Roma a rischio per tutto il mese di ottobre.

 

Il fermo, deciso lo scorso 10 settembre, che coinvolgerà tutti i pescatori del Tirreno per trenta giorni, potrebbe infatti riflettersi sui costi del trasporto ittico nazionale e quindi sul conto della spesa. Scatta l'allarme Coldiretti impresapesca: “Con lo stop totale delle attività dalle coste da Brindisi a Roma, si fa importante il rischio che molti ristoratori propongano prodotti congelati o stranieri".

Scatta la denuncia di Coldiretti sui consumi del pesce locale partendo dai dati: già prima del blocco, più di due pesci su tre consumati sulle tavole dei romani, venivano dall'estero o erano congelati.

Fondamentale quindi, ora più che mai secondo l'associazione di categoria, controllare l'etichetta di provenienza dell'area di pesca, per assicurarsi un prodotto nazionale ad un prezzo ragionevole. Ed ecco un utile ripasso: la Gsa 9 (mar ligure), 10 (tirreno centro-meridionale, interessato dal blocco), 17 (adriatico settentrionale), 18 (adriatico meridionale).

Sono invece etichette non disponibili sul mercato, perché interessate dal blocco, quelle siciliane (Gsa 16) che fanno caso a sé, con uno stop partito ad agosto e che finirà ad ottobre 16 (coste meridionali della Sicilia); anche la Sardegna è in pausa (Gsa 11) e lo stesso dicasi per l'area Gsa 19 (per lo Jonio occidentale). Tutte zone che, in contemporanea con il fermo del tirreno centro-meridionale (Gsa 10) stanno ferme già da 10 settembre scorso.

Un'opzione per risparmiare sui chilometri del trasporto è quella di portare in tavola il pesce delle aree straniere più vicine, il (Gsa 7 è golfo del Leon e l'8 e 15 sono rispettivamente sono Corsica e Malta).

La Rete “Campagna amica” è un'altra opportunità, da non sottovalutare, messa in campo dalla Coldiretti per mettere in rete il prodotto nazionale con una filiera corta di vendita, e abbattere i costi del trasporto ittico.

Infine è d'obbligo, a 33 anni dall'introduzione della disciplina del fermo pesca in Italia, una riflessione congiunta sullo stato dell'arte della filiera. Ed ancora una volta ad a tirare le somme sui dati è l'associazione di categoria dei produttori ittici, mettendo l'accento su oltre un terzo di imprese del territorio nazionale che hanno chiuso, e sulla perdita di 18 mila posti di lavoro. “L'auspicio – spiega in una nota la Coldiretti – è quello che dal 2019 si rimetta mano al sistema, tenendo conto delle esigenze di riproduzione della specie ma anche delle esigenze economiche delle marinerie”.

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