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Roma
Sanità Lazio, liste d'attesa nel caos: il Tar boccia il decreto Zingaretti

Coronavirus e fase 2, si torna alla normalità ma non nella sanità del Lazio dove la ripartenza è segnata dall'inizio dell'odissea delle liste d'attesa.

Nel delirio di informazioni sul Covid 19, l'assessore alla Sanità, Alessio D'Amato, dimentica di rendere nota la bocciatura da parte del Tar del decreto con il quale la Regione Lazio avrebbe dovuto risolvere il problema delle file per gli esami diagnostici, quel tempario che fissava il tempi minimi e massimi delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, attraverso il quale veniva fissata la durata massima di ogni singola prestazione sanitaria riguardante 63 esami o visite specialistiche (tra i quali, ad esempio, la risonanza magnetica, le visite dermatologiche, ginecologiche e altre).

A mettere l'insolito progetto di Zingaretti e D'Amato all'angolo è stato il sindacato Sumai (Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria) che ha impugnato dinanzi al Tar il decreto, ottenendo una vittoria schiacciante: il Tar del Lazio ha riconosciuto che l'attività non può essere oggetto di decreto unilaterale ma deve essere oggetto di contrattazione tra amministrazione e categorie professionali e poi ha respinto in toto il teorema regionale che assimilava i medici ai meccanici della auto. Scrive il sindacato a proposito del tempario: “Il singolo specialista deve osservare tempi di esecuzione idonei a garantire una adeguata assistenza sanitaria. Dunque non sono compatibili con questa disposizione regolamentazioni dirette a fissare un predeterminato tempo di esecuzione della prestazione specialistica; il giudice sottolinea che è necessario considerare la disomogeneità dei singoli casi che si presentano al medico specialista, disomogeneità dalla quale deriva inevitabilmente la diversificazione delle risposte assistenziali che lo specialista è tenuto a dare. Richiamandosi al Codice di Deontologia Medica il giudice ricorda che il medico deve avere a disposizione un  tempo congruo a svolgere le proprie funzioni in modo autonomo e responsabile”.

Infine, ed è la terza batosta, il Tar ha censurato il decreto, poiché “privo di motivazione”: “L’amministrazione regionale si è limitata a riportare l’esperienza di altre realtà territoriali in modo acritico, senza considerare le peculiarità della propria condizione”.

Dunque, sulle liste d'attesa. Aggravate dall'emergenza virus, si torna alla surreale normalità: tempi lunghi.

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