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Roma
Scuola, corruzione al Miur: Boda, Castelbianco e altri 13 a rischio processo

Rischio processo per l’ex Capo Dipartimento per le risorse umane del ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda, per l'imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco e altre 13 persone a conclusione dell'inchiesta della procura di Roma su alcuni episodi di corruzione legati agli appalti al Miur.

Il pm Carlo Villani ha chiuso l'indagine notificando alle parti (tra cui anche quattro società) l'avviso che, di solito, anticipa la richiesta di rinvio a giudizio.

Per l'accusa una "dazione da 3,2 mln di euro"

Stando all'ipotesi accusatoria, Boda, incaricata della selezione delle procedure per selezionare progetti scolastici, contando sull'intermediazione della segretaria Valentina Franco, dell'autista Fabio Condoleo, dei collaboratori Sara Panatta e Vincenzo Persi e poi di Nicola Cirillo e Massimo Mancori, "tutti consapevoli dell'accordo corruttivo", avrebbe ricevuto "indebitamente" la dazione o la promessa di denaro per complessivi 3,2 milioni di euro da Bianchi di Castelbianco, al quale erano riconducibili tre società (l'Istituto di Ortofonologia, la 'Com.E - Comunicazione & Editoria', la 'Edizioni Scientifiche Ma.Gi.') e la fondazione 'M.I.T.E. - Minori Informazione Tutela Educazione', enti aggiudicatari tra il 2018 e il 2021 di affidamenti da parte di istituti scolastici per 23,5 milioni.

Tra le numerose contestazioni fatte a Boda, c'è anche quella di aver anticipato via mail all'imprenditore, prima della sua pubblicazione, la bozza del bando "per il finanziamento di progetti scolastici per il contrasto della povertà educativa, recependo le richieste di modifica da parte dello stesso Bianchi di Castelbianco" che per giunta partecipava alle riunioni che si tenevano al ministero. Da qui anche la contestazione ad entrambi del reato di concorso nella rivelazione e utilizzazione di "notizie d'ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete".Nell'avviso di conclusione dell'indagine, sono tre le persone offese individuate dalla procura: il ministero dell'Istruzione, la presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento delle Pari Opportunità e l'Agenzia delle Entrate. Tra le fonti di prova citate dal pubblico ministero, i documenti acquisiti presso banche e diversi istituti scolastici, oltre che al dicastero, e quanto emerso dagli interrogatori, dalle memorie difensive di alcuni indagati e dalle attività investigative condotte dalla Guardia di Finanza. Per Valentina Franco e Sara Panatta c'è un procedimento stralcio per aver chiesto di definire la propria posizione con un patteggiamento.

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