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Roma
Slot e scommesse: 38 arresti. Preso Salvatore Nicitra, ex Banda della Magliana

La Banda della Magliana c'è, è viva e gestisce ancora i suoi loschi affari. Dopo anni di silenzio rispunta Salvatore Nicitra, boss della Banda e signore dei quartieri della periferia nord di Roma.

Dalle prime luci dell’alba, in Roma e nelle città di Viterbo, Terni, Padova, Lecce, nonché in Spagna ed in Austria, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, dei Comandi dell’Arma territorialmente competenti, della Guardia Civil in Spagna e della Polizia Austriaca hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica di Roma - Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 38 persone indagate, a diverso titolo, per associazione per delinquere finalizzata alla frode telematica per il gioco d’azzardo illegale, riciclaggio, intestazione fittizia di beni ed estorsione, aggravate dal metodo mafioso.

Il provvedimento restrittivo si basa sulle risultanze acquisite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci nell’ambito di un’indagine denominata convenzionalmente “Jackpot”, che ha consentito di accertare l’operatività di uno strutturato sodalizio criminale che vede in Salvatore Nicitra il promotore e l’organizzatore, affiancato da alcuni dei suoi più stretti e fedeli sodali, tra i quali Rosario Zarbo, Francesco Inguanta e Antonio Dattolo. Nicitra, già ritenuto elemento di spicco della criminalità organizzata romana, attraverso la sua organizzazione criminale, aveva assunto il controllo - con modalità illecite - di parte del mercato della distribuzione e gestione delle apparecchiature per il gioco d’azzardo in ogni sua forma (slot machine, videolottery, giochi e scommesse on.line, ect) con particolare riferimento ai quartieri ubicati nel quadrante Nord.

L’associazione a delinquere disvelata aveva conseguito, mediante modalità mafiose, la gestione ed il controllo di attività economiche nel settore del gioco d’azzardo, vero e proprio core business del sodalizio, destinando parte degli introiti all’usura e recuperando, attraverso metodi estorsivi, i crediti derivanti da tale attività. Le slot machines, collocate presso numerosi esercizi commerciali e regolarmente dotate di autorizzazione di pubblica sicurezza e sottoposte al controllo dell’AAMS, erano gestite in maniera apparentemente lecita dal Nicitra, il quale si serviva di varie società quali la JACKPOT srl, la LAS VEGAS Srl, e da Francesco Inguanta mediante la società EURO GAMES ed altre imprese intestate a prestanome.

Oltre alla conduzione di tali attività “lecite” connesse al gioco d’azzardo, Nicitra e i suoi sodali gestivano la distribuzione di giochi illeciti tipo “totem”, “virtuali” e “lotto clandestino”, molto spesso installati e/o proposti nei medesimi locali pubblici a cui avevano imposto le slot machine regolari. Le attività investigative hanno, poi, documentato che la gestione dei giochi d’azzardo illeciti, poiché vietati dalla normativa vigente e non sottoposti al controllo dell’A.A.M.S., consentivano al Nicitra di accumulare ingenti risorse economiche, anche perché non sottoposte ad alcuna imposizione fiscale.

L'ex bossa della Banda della Magliana, oltre all’associazione dedita all’illecita gestione del sistema di giochi a distanza (utilizzando tecniche informatiche che consentono l’elusione dei controlli da parte dell’AAMS) aveva sviluppato un’ulteriore sodalizio criminale finalizzato alla commissione dei delitti di riciclaggio di ingenti somme di denaro attraverso importanti centri finanziari internazionali, di reimpiego nell’economia legale delle risorse illecite accumulate attraverso la distribuzione e la gestione dei giochi illeciti, di fittizia intestazione di beni, nonché di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, e tanto per prevenire possibili controlli e l’applicazione di misure di prevenzione ed ablative.

I cold case degli anni '80

Contemporaneamente, le indagini si sono focalizzate anche su fatti omicidiari di cui si è reso protagonista Salvatore Nicitra, verificatisi nel quartiere romano di Primavalle alla fine degli anni ’80, ad eccezione di un evento avvenuto all’interno dell’O.P.G. di Aversa, con la morte di Giampiero Caddeo, deceduto, il 10.08.1983, a causa del crollo di una parte divisoria della sua cella, per l’esplosione della bomboletta di un fornello a gas, innescato dal Nicitra per uccidere Roberto Belardinelli che, in quel momento, era accidentalmente assente.

In particolare, il 12.11.1988 più uomini armati esplosero numerosi colpi d’arma da fuoco, in zona Primavalle, contro tre soggetti, tra i quali Paolino Angeli, attinto mortalmente, Franco Martinelli, che rimase ferito e Roberto Belardinelli il quale, a seguito di complicazioni successive al proprio ferimento, morì il 17.12.1988.

Appena 12 giorni dopo, in zona Primavalle, venne ucciso Valentino Belardinelli, fratello di Roberto. Nella circostanza, la vittima venne colpita con svariati colpi d’arma da fuoco esplosi da due soggetti, mentre stava per rincasare insieme alla fidanzata Loredana Labrozzi, peraltro in stato interessante.

L’individuazione di Nicitra quale mandante ed esecutore dei predetti eventi omicidiari è stata possibile a seguito di un’approfondita rivalutazione delle dichiarazioni rese, tra il 1994 ed il 1995, da un collaboratore di giustizia vicino al Nicitra, riscontrate da elementi oggettivi contenuti nei fascicoli d’indagine degli omicidi e dalle convergenti dichiarazioni di altro collaboratore di giustizia della medesima estrazione criminale.

Infine, i militari del Nucleo Investigativo di Roma stanno eseguendo una misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Roma Sezione Misure di Prevenzione su richiesta della DDA, nei confronti di Salvatore Nicitra, Francesco Inguanta e Rosario Zarbo, già destinatari di misura cautelare in carcere.

In particolare, il decreto di sequestro dei beni anticipato, finalizzato alla confisca, ex artt. 20 e 24 D.Lgs 159/2011, quale misura di prevenzione patrimoniale, colpisce il patrimonio riconducibile ai tre predetti soggetti, consistente in 37 beni immobili, anche di pregio, di cui 33 ubicati in Roma e Provincia e 4 ubicati in Palma di Montechiaro (AG), 19 società di cui 2 nel settore della ristorazione, 6 nella gestione di sale giochi e scommesse, 3 società immobiliari e 8 società di servizi, ubicate a Roma e Provincia, 130 rapporti finanziari/bancari, 25 veicoli di cui 8 autovetture, 16 motocicli e un ciclomotore, per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.

Dalla figlia alla madre: le donne del boss Nicitra

Sono estranee all'associazione per delinquere, ma ritenute comunque concorrenti nei reati di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità le quattro donne, finite ai domiciliari, che ruotano attorno alla figura di Salvatore Nicitra. Nelle conversazioni intercettate dai carabinieri, preferivano chiamarlo con il nome di battaglia 'Sergio' (usato nei suoi 12 anni di latitanza) per garantirgli una sorta di protezione. A Rita, la figlia del boss, il gip Vilma Passamonti attribuisce "un ruolo centrale nell'attività di investimento e occultamento delle ricchezze di origine criminale del padre, di cui, essendo incensurata, è sistematico prestanome".

A carico della compagna di Nicitra, Chantal Anne Richard, invece, grava un "elevatissimo" rischio di fuga: in una conversazione intercettata dell'ottobre del 2015 con Salvatore Nicitra, è proprio lei a proporre di scappare all'estero in caso di problematiche di natura giudiziaria e di fronte alla prospettiva di un sequestro patrimoniale. C'è poi la madre del boss, Francesca Inguanta, anche lei nella veste di prestanome del figlio, "dotata di potere decisionale in virtù del ruolo ricoperto all'interno della famiglia". A chiudere la lista delle donne protagoniste del provvedimento restrittivo c'è Monica Lo Savio, che per i carabinieri fiancheggiava il marito Giovanni Nardone, imprenditore colluso, autore di un'operazione di autoriciclaggio a beneficio di Nicitra, con denaro dall'Italia diretto alla Slovenia, a sua volta veicolato a società correlate agli ambienti dei casinò sloveni e consegnato alla fine al boss.

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