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Roma
Stadio Roma, Caltagirone non ci sta e spara su Parnasi. Chi non risika, rosica

Stadio Roma, a qualcuno il via libera non va proprio giù, anche senza le torri e con una sensibile riduzione delle cubature il progetto è rimasto incastrato in gola con il rischio di rimanere strozzato. L’imprenditore-editore-costruttore Caltagirone dalle pagine del quotidiano “di famiglia” Il Messaggero il giorno dopo l'esultanza per l'accordo scomoda la penna di Mario Ajello per attaccare il contractor che realizzerà l’opera in un pezzo intitolato “I danni inferti alla Capitale da chi altera la concorrenza”.

 


Per mesi il Messaggero ha cannoneggiato il progetto con articoli sull’impatto urbanistico, sul rischio idrogeologico, poco ci mancava che si arrivasse all’evocazione delle sette piaghe d’Egitto.

Così riprendendo un pezzo di Mario Bechis apparso qualche giorno fa (“Stadio Roma, nel 2013 Parnasi finanziò mezzo consiglio comunale”) dove in maniera certosina venivano elencati i finanziamenti a pioggia ricevuti praticamente da tutti i consiglieri comunali, attacca a palle incatenate: “Risultò il maggiore finanziatore della politica romana, anche con piccoli contributi che ovviamente furono ben graditi dai politici che correvano in quel turno elettorale. Restarono fuori i 5 Stelle, che per altro non raccolgono quasi mai finanziamenti che non siano interni al movimento e spendono meno di 3-400 euro per la propria campagna elettorale”.

Per la precisione all’atto della votazione definitiva il 22 dicembre 2014 che cementò la definitiva pubblica utilità del progetto dello stadio di Roma, Alessandro Onorato e Alfio Marchini fecero pollice verso. Tra i consiglieri in carica nel 2014 che avevano ricevuto finanziamenti ce ne sono altri che non hanno votato a favore della pubblica utilità dello stadio di Tor di Valle. Alcuni non hanno proprio partecipato alla votazione della delibera: l’ex inquilino del Campidoglio, Gianni Alemanno insieme alla sua ex vicesindaco, Sveva Belviso, e da Giovanni Quarzo poi travolto da “Mafia Capitale”, all’epoca esponente di Forza Italia. Tra gli astenuti c’era invece Lavinia Mennuni consigliere in quota Fratelli d’Italia. Dario Rossin rappresentante di Fdi, si espresse anche lui contro.
Alla fine la delibera ottenne 29 voti favorevoli, 8 contrari e tre astensioni, poi corsero tutti a darsi gli auguri di natale. Nulla di illegale, tutto rendicontato a pie’ di lista da quando è stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti i politici possono ricevere finanziamenti anonimi fino a una determinata somma ma comunque sempre da rendicontare. Per non sbagliare si distribuiscono contributi elettorali a pioggia. Le quote vanno da 2.000 a 30.000 Euro, sinceramente un po’ poco per sospettare che i consiglieri siano stati eterodiretti nel loro voto dell'epoca. E poi, piccolo particolare che Il Messaggero si dimentica di ricordare, all'epoca dei fatti le donazioni furono fatte sì da Parnasi, ma da Sandro Parnasi, allora fiero timoniere delle aziende di famiglia, mentre il giovane Luca era in tutt'altre faccende affaccendato.

Ad onor del vero Bisognerebbe passare al setaccio tutti i contributi volontari e incrociare i nomi con i finanziatori per vedere se qualche pratica ha poi viaggiato più veloce delle altre, diversamente - usando il tono dei tifosi che in questi giorni hanno impazzato in piazza e sulle radio libere- c’è odore di quello che all’ombra del Colosseo i tifosi chiamano “rosicamento”. Siccome non scendo in campo, io provo a bucarvi il pallone così non gioca nessuno.

E da via del Tritone non è la prima volta che si spara ad alzo zero: il “vizietto” di bombardare la famiglia Parnasi era di moda all'epoca del Palazzo della Provincia dell'Eur: anche lì le penne al vetriolo furono incaricate di sparare un colpo al giorno. Manco fosse il Gianicolo.

Lo stadio della Roma potrà essere bello o brutto, funzionale o no ma è la prima grande opera sportiva che viene realizzata ex novo dopo le Olimpiadi del 1960. Forse la cosa che brucia è che, al di là di ogni impatto e beneficio economico dell'Opera allo stato delle cose assolutamente non prevedibile, è che per la prima volta non ci sarà scolpito nell’opera il nome di una famiglia che ha tra i suoi vanti quello di aver costruito abitazioni e quartieri interi per centinaia di migliaia di cittadini romani.

Il faraone non avrà la sua piramide o, si spera per la Capitale, il suo Colosseo del Terzo Millennio. Si deve accontentare del nome di famiglia ad un quartiere e di un toponimo nella desolata periferia della città.
Prosit.

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