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Roma
Strage condominio, la criminologa: “Claudio Campiti ha premeditato la strage”

Psicoterapeuta e criminologa, Liuva Capezzani, una vita passata a studiare le menti, analizza la storia frammentaria di Claudio Campiti, il killer di Fidene, e non ha dubbi: “Non è un depresso ma un uomo solo che ha maturato il suo gesto nel tempo"

"Quando si fa un profilo di una persona bisogna considerare non solo la storia di vita degli ultimi anni ma anche tutto ciò che c'è stato nella crescita e nell'evoluzione”.

Dottoressa, le sostiene che c'è stata premeditazione su cosa si basa?

“Aveva passaporto, biglietto e denaro pronti per la fuga. Mi pare chiaro, almeno a leggere le ricostruzioni giornalistiche”.

Cosa passa nella mente di un uomo quando si arma, raggiunge un'assemblea di condominio e poi spara per uccidere?“

liuva capezzone criminologa 01
 

"Mi pare chiaro che da quando ha perso il figlio ha avuto comportamenti sospetti, con i conflitti, minacce ed è andato ad assumere condizioni di vita indigenti. Possiamo parlare di una persona che a partire da quell'episodio è andato incontro ad un vissuto drammatico. Quando ci troviamo in queste condizioni, possiamo andare incontro a condotte come quelle che ha avuto questo signore. I comportamenti manifestati possono ricondursi ad esiti che la letteratura riferisce al vissuto traumatico ma bisogna vedere anche la storia precedente. Avendo avuto questo lutto del figlio per un incidente – una morte inaspettata e improvvisa di un ragazzino di 14 anni – è possibile che questo soggetto abbia maturato dentro di sé un senso di ingiustizia come se non meritasse ciò che è accaduto, come se questo incidente non fosse possibile o non dovesse accadere. Quando noi viviamo esperienze improvvise, inaspettate che destabilizzano la nostra progettualità di vita maturiamo risposte psichiche e cognitive mentali che danno ragione ad un disadattamento rispetto al contesto. Bisogna vedere il senso fondamentale che il figlio aveva per la vita di Compiti”.

Perché ciò che è accaduto non è causato da una la malattia “di moda” come la depressione?

“Abbiamo un episodio di tipo traumatico e in quanto tale capace di disarmarci. Un depresso ha delle aspettative importanti su di sé che vengono deluse e chi combatte contro la delusione e spesso è anche molto arrabbiato contro se stesso. Il depresso è chiuso, è ritirato. Questo signore invece partecipava ancora alla vita e faceva cose come se fosse in continua difesa e autogiustizia”.

Cosa muta il bisogno di autogiustizia in follia assassina?

"A ridosso c'è un accumulo di stress, un'intolleranza accumulata nei confronti della vita. Lui non ammazza se stesso; è arrabbiato con la società a patire dalla morte ingiusta. La risposta va trovata nella sua vita iniziale”.

Un raptus?

"Non esistono, paradossalmente c'è sempre una storia e una spiegazione".

La patologia esatta qual è?

“Disturbo post traumatico da stress”.“

Perché la nostra organizzazione sociale non si è accorta e non è corsa ai ripari?

“I vicini hanno denunciato ma chi ha raccolto le denunce ha sottovalutato l'inquadramento della condotta. Non basta denunciare ma occorrere formare anche chi riceve queste segnalazioni. I vicini di casa non devono solo denunciare ma aiutare, così come le forze dell'ordine. Quando si vede un soggetto che vive in condizioni indigenti perché nessuno ci è andato a parlare? Perché le persone devono essere lasciate a se stesse? Si è ridotto a un caso di solitudine estrema, ammesso che non fosse già così prima delle morte del figlio. Alcuni quesiti: dov'è la mamma di questo ragazzo? Mi piacerebbe sapere se poi qualcuno si è avvicinato a lui. E ancora: “E' stato segnalato ai Servici Sociali”?

Qualche suo collega sostiene che sia un caso di narcisismo estremo. E' d'accordo?

“Il depresso non chiede aiuto, il narcisista non chiede aiuto perché chiedere auto sarebbe una conferma della propria inadeguatezza. Piuttosto bisognerebbe aiutare le persone ad avvicinarsi a chi sta male. E poi il narcisismo crea crea dinamiche di dipendenza e qui non sembrano esserci”.

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